Maestro unico

In una lettera a Aldo Carboni su Il sole 24 ore di ieri, un lettore ha chiesto lumi circa l’introduzione del maestro unico, esprimendo le proprie perplessità:

    Sento dire che il maestro unico risponderebbe ad un’esigenza peagogica, poiché i bambini avrebbero bisogno di un punto di riferimento preciso. Può darsi; ma se capita un cattivo punto di riferimento? Io vorrei avere avuto più di un maestro in prima elementare; perlomeno ci sarebbe stata la possibilità che uno mi avesse lasciato un buon ricordo.

E poi il lettore racconta di come e perché la sua maestra gli abbia lasciato un ricordo tutt’altro che buono.

La risposta di Aldo Carboni mi pare emblematica del modo con cui in questo periodo si è affrontata la questione.
Dice, nella sostanza, che anche lui ha avuto il maestro unico, ma nel suo caso gli è andata bene, e non avrebbe certamente guadagnato dalla moltiplicazione.
E poi, conclude, se anche il lettore avesse avuto due maestre, magari la seconda sarebbe stata esattamente uguale alla prima.

I miei due cents alla riflessione:

  • Non si può affrontare una questione come questa sulla base delle esperienze personali e portarle a simbolo per una o per l’altra parte.
    Il fatto vero è che nella scuola italiana avere un  pessimo o un buon insegnante è solo questione di fortuna.
    E un sistema educativo non si basa sulla fortuna.
  • Il principio della “differenziazione del rischio” che il lettore poneva alla base della sua lettera non può essere esaurito con una battuta come ha fatto Carboni (sarebbe come se un economista dicesse che la differenziazione degli investimenti non è una buona strategia perché può darsi che tutti gli investimenti si muovano nello stesso modo…)
  • Non si tratta soltanto di differenziare il rischio: si tratta anche di differenziare gli stili di insegnamento.
    Io sono contento quando le mie figlie possono venire a contatto con stili di insegnamento diversi, perché questo le aiuta a rendere vario e flessibile anche il loro stile di apprendimento
  • Non sono un pedagogista, ma mi pare che se c’è una cosa che non difetta (almeno nella media) alla nostra generazione di genitori è il sostegno affettivo ai figli.
    Mi pare che difetti, piuttosto, la fermezza educativa che consente ai figli di conquistare la loro indipendenza.
    Credo che i bambini abbiano bisogno, più che di un ulteriore punto di riferimento preciso, di un ambiente che favorisca la graduale assunzione di responsabilità e la capacità di interagire con persone (anche maestri) diversi e vari.
  • Penso, infine, che in realtà la pedagogia c’entri poco e che il problema abbia più a che vedere con questioni di budget.
    Se così fosse, il dirci una volta per tutte che il nostro Paese non può permettersi di mantenere un modello educativo ottimale per i nostri figli (e questo non certo per colpa del ministro Gelmini) potrebbe rappresentare un momento di chiarezza da cui poter ripartire e risollevare le sorti della scuola italiana.

E voi, che ne dite?

5 commenti
  1. Riflessioni di un commercialista dice:

    io sono stato fortunato…
    ottime elementari.
    una maestra, una professoressa di inglese due pomeriggi a settimana.
    addirittura in 5 qualche ora di educazione sessuale (ed andavo dalle suore!)
    poi alle medie in una scuola pubblica legata al conservatorio di milano…
    non ricordo il numero..credo almeno sei prof… ero già da allora e ancora oggi resto dello stesso parere che l’obiettivo fosse la lotta alla disoccupazione. livello medio salvo alcune fantastiche eccezioni abbastanza basso.
    alle elementari:
    maestra
    maestra di inglese (basta col francese che era una scusa per non licenziare).
    insegnate di PC e tecnologia (forse).
    stipendi raddoppiati con qualifiche decisamente da elevare…
    e soldi da mettere in PC, ed infrastrutture.
    la priorità sono i ragazzi!

  2. Dosi dice:

    Purtroppo sono convinta anch’io che l’obiettivo della manovra sia più economico che pedagogico. Ritengo che la scuola sia il futuro della nostra società, io ci voglio credere e penso sia utile investire e non tagliare. Tra l’altro mi sembra proprio brutto andare ad operare tagli ad una delle cose funzionanti del nostro Paese. Ci tengo a precisare che non sono una insegnante… ma ho due figlie, e sono convinta che la divisione delle discipline consenta ad ogni insegnante di aggiornarsi, di fare ricerca e di utilizzare nuove e specifiche metodologie molto di più di quando un maestro “tuttologo” doveva insegnare tutte le materie per tutti i cinque anni. Inoltre non è secondaria la presenza di molti bambini stranieri che rappresenta una ricchezza in più ma porta con sè anche qualche difficoltà in più… insomma c’è da riflettere….
    Ciao, dosi.

  3. Riflessioni di un commercialista dice:

    una delle cose funzionanti?
    ma se non sanno scrivere in italiano corretto nemmeno i laureati?
    qui c’è bisogno di investire, sicuro, ma di ripartire dai fondamentali!
    e non solo le elementari… pure l’università deve aprirsi, diffondere sapere, incentivare l’arrivo di studenti dall’estero..
    ieri ero in bocconi per tenere una lezione…è stato bellissimo tornarci e sentire nei corridoi parlare inglese, pc ovunque…. ma anche lì poi a furia di fare esami a test ci si dimentica che l’italiano è importante…

  4. dosi dice:

    Sono perfettamente d’accordo! Con “funzionante” mi riferivo alla sola scuola primaria dove, secondo alcune ricerche, si ravvisano buoni risultati anche nelle comparazioni internazionali. Ma non può certamente bastare… e non penso sia utile il ritorno al maestro unico.
    Ciao, dosi

  5. Luca dice:

    In effetti, come evidenziano i commenti, il tema ha una sua complessità.
    Una cosa mi pare di evincere: senza un sistema di valutazione del lavoro educativo condiviso tra tutti gli attori, non se ne esce.
    Il problema è che non è semplice trovarlo e che, almeno questa mi pare l’esperienza fatta da chi lo ha cercato, la scuola oppone una forte resistenza.

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