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Obiezioni: l’importante è l’intenzione

A proposito di gestione delle obiezioni, una delle esercitazioni più istruttive che chi partecipa ai miei corsi sul public speaking deve affrontare è proprio quella in cui gli altri partecipanti hanno l’incarico di “rompere le uova nel paniere” al relatore.

In questo modo, partendo dall’esperienza diretta, i partecipanti estraggono le stategie più efficaci per la gestione dei seminar killer, sui quattro fronti indicati nel post già citato.
La cosa su cui insisto di più è la prima domanda che ci si deve porre di fronte ad un’obiezione: “Quali sono le intenzioni di chi obietta?” o, entrando più nel dettaglio

Si tratta di un’obiezione di carattere contenutistico o relazionale?

 

Contenuti o relazioni?

Faccio un esempio che mi capita spesso di citare: riunione di presentazione di un nuovo software davanti al team ICT e al Direttore Generale di un’azienda.
Il DG non ha una competenza informatica particolarmente profonda.
L’account manager illustra alcuni aspetti relativi alla tecnologia.
Ad un certo punto, il DG fa un’obiezione contestando un contenuto appena esposto.
Reazione dell’account?
Normalmente, dall’alto della sua competenza, smonta l’obiezione con una serie di argomentazioni circostanziate e puntuali.

Ha gestito in maniera corretta l’obiezione?
Dal mio punto di vista, quasi certamente no.
E a questo punto entra in campo la domanda: “Si tratta di un’obiezione di carattere contenutistico o relazionale?
Cerco di spiegarmi meglio.
Secondo voi, l’esigenza che veicola l’obiezione posta dal DG è di tipo contenutistico (approfondire ulteriormente il contenuto) o di carattere relazionale (definizione di un ruolo di leadership, affermazione di una dinamica di potere)?
Non porsi questa domanda significa non dare una risposta adeguata all’obiezione.
Infatti, ad obiezioni di carattere contenutistico, si risponde con dei contenuti.
Ad obiezioni di carattere relazionale si risponde sul piano delle relazioni.
Nel caso descritto (un decision maker in un gruppo di tecnici, alle prese con un linguaggio che non comprende fino in fondo), con buona probabilità l’intenzione che sta dietro all’obiezione è di tipo relazionale. L’obiezione nasconde un’affermazione di leadership.
Ad un’obiezione di questo tipo si risponde riconoscendo (o non riconoscendo, a seconda delle situazioni) la leadership.
Una risposta che si concentra sui contenuti, invece, è inefficace e tende ad esasperare la dinamica relatore-obiettore, con alto rischio di escalation.
Naturalmente, anche una risposta di carattere relazionale ad una obiezione contenutistica, è altrettando inefficace.
Ecco quella che, secondo me, potrebbe essere una risposta adeguata nella situazione che abbiamo descritto:
L’obiezione è senz’altro pertinente. Possiamo senz’altro approfondire questo argomento, in modo che, nel momento in cui lei deciderà se acquistare o meno la nostra soluzione, possa avere acquisito tutti gli elementi necessari“.
Come vedete, questa risposta mette in primo piano la relazione e la dinamica di potere, affermando il ruolo di decision maker del DG.

Che ne pensate?
Vi è mai capitato di trovare dei relatori che, per l’incapacità di leggere le intenzioni di un’obiezione, hanno generato un’escalation?

 


Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui

 

Pubblico e pubblici

Una delle cose di cui discuto durante i corsi sul public speaking e le tecniche di presentazione è come settare, all’inizio di una presentazione, l’interazione tra lo speaker e il pubblico.
Naturalmente, il setting dipende dall’obiettivo che chi presenta si è posto: se si tratta di trasferire molti concetti in poco tempo, è utile ridurre al minimo l’interazione con il pubblico, se si tratta, invece, di raccogliere opinioni piuttosto che di favorire le dinamiche di gruppo tra i partecipanti, l’interazione va massimizzata.
L’altra variabile in gioco è il tipo di pubblico che ci si può trovare di fronte. Credo utile fare due ordini di distinzioni:

  1. Pubblico attivo vs pubblico passivo: nel primo caso le persone sono propense ad intervenire, a porre domande, a esprimere pareri, nel secondo caso preferiscono ascoltare senza interagire
  2. Pubblico spontaneo vs pubblico non spontaneo: nel primo caso le persone partecipano spontaneamente all’evento, nel secondo si trovano lì senza aver espresso la volontà di partecipare, oppure addirittura, contro la loro volontà (succede spesso che, in un corso di formazione, ci siano persone che sono state iscritte al corso da altri, e non percepiscono alcuna utilità potenziale nel parteciparvi)

L’incrocio tra queste due distinzioni genera lo schema

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Le strategie, allora, per settare l’interazione sono diverse e si devono adattare alle 4 tipologie di pubblico possibili.
In particolare

  • nella situazione 1 (pubblico spontaneo e attivo) ci si trova favoriti nel momento in cui si cerca l’interazione, mentre per puntare all’efficienza si deve creare un setting particolarmente stretto
  • nella situazione 2 (pubblico spontaneo e passivo) è più difficile ottenere l’interazione, ma quando questa arriva, con tutta probabilità è un’interazione funzionale al raggiungimento degli obiettivi (visto che si tratta di un pubblico spontano, probabilmente condivide gli obiettivi del relatore)
  • nella situazione 3 (pubblico non spontaneo e attivo) si è di fronte al rischio di un’interazione che, invece che avvicinare agli obiettivi, tende a portarmi lontano (a volte in aperta polemica con gli obiettivi stessi).
  • nella situazione 4 (pubblico non spontaneo e passivo), l’interazione è difficile da ottenere e potrebbe essere poco funzionale. In entrambi questi ultimi due casi, la prima cosa da fare è tentare di alzare l’interesse, magari calando qualche carta importante già all’inizio della presentazione, sia che si voglia stimolare l’interazione, sia che si punti alla velocità nel trasferimento dei contenuti.

Conoscere la tipologia di pubblico che si ha di fronte non risolve tutti i problemi, ma dà alcune indicazioni per mettere in campo una strategia adeguata agli obiettivi che ci si è posti.

 


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Gestione delle obiezioni

Una delle cose che sottolineo nei corsi di public speaking e di tecniche di presentazione è il fatto che la gestione delle obiezioni durante una presentazione cambia la cornice della comunicazione.
Si passa da una relazione speaker / pubblico ad una relazione speaker / obiettore / pubblico.
Schematizzando:

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Le strategie, quindi, possono svilupparsi su quattro fronti:

  1. Gli stati interni del relatore
  2. La comunicazione tra relatore e obiettore
  3. La comunicazione tra l’obiettore e il pubblico
  4. La comunicazione tra il relatore e il pubblico

Uno degli errori più frequenti degli speaker è quello di puntare soltanto sul secondo dei quattro fronti, mentre le strategie più raffinate sono quelle che hanno come obiettivo proprio l’evitare di trasformare la gestione delle obiezioni in una singolar tenzone tra due contendenti.

 


Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui