Articoli

Organizzare le esperienze

Su FastCompany, un’intervista a Malcolm Gladwell (lo sapete, un autore che mi piace molto) sul suo primo libro: The tipping point.

Ad un certo punto gli viene chiesto:

Che cosa distingue un buon libro sul business rispetto agli altri?

I libri migliori danno sempre un’opportunità per organizzare le nostre esperienze, per prendere ciò che sappiamo e dargli forma e significato e contesto. Ho sempre detto che siamo tutti molto ricchi di esperienze e poveri di teoria. E, secondo me, il fulcro di un buon libro sul business è rimediare a questo problema.

Ecco.
Io l’ho detto in modo più prolisso e meno preciso qui.

Ma questo è, nella sostanza, quello che intendevo, se si sostituisce “libro” con “percorso formativo”.

Il venditore ed il problema del talento

Sul terzo numero di Vendere di più, un mio articolo sulla relazione tra talento e successo, con l’attenzione focalizzata alla figura del venditore.

Eccolo.

Venditore si nasce?

Ovvero, del problema del talento e del quoziente d’intelligenza, per capire se quando investire su un aspirante venditore. Fino a un certo punto…

Molti tra i venditori con cui mi è capitato di confrontarmi si sono detti convinti che “venditori si nasce”.
Questo non significa che non ci siano spazi per una continua crescita professionale – chi comprerebbe, altrimenti, una rivista come questa?
Ma, per portare a risultati davvero interessanti, questa crescita si deve innestare su un “talento” innato, e la probabilità di successo è direttamente proporzionale a questo stesso talento.

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La storia da raccontare

Mi sono riascoltato un intervento di Malcolm Gladwell (chi legge questo blog conosce il mio debole per questo autore) tenuto a TED.
Parla del sugo per gli spaghetti.
L’ho riascoltato perché in questi giorni mi viene da pensare alla questione delle piccole cose. Ne ho scritto nel mio post precedente, precisando il mio dubbio che la ricerca di un significato (o di una lezione, se la vogliamo dire così) dietro ad episodi minimi non sia un eccesso di analisi (e che, forse, fare economia di pensiero non sarebbe poi tanto male).
Ora, Gladwell, invece, fa esattamente il contrario.
Da piccole storie, trae insegnamenti spesso contro-intuitivi e, comunque, sempre stimolanti.
Converrete che partire dall’analisi del mercato dei sughi per spaghetti per arrivare a concludere che

è abbracciando la diversità tra gli uomini che troveremo una strada più sicura che ci porti verso la felicità

è un salto acrobatico degno del Circo Barnum.

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Q.I., successo e il problema del talento

Outliers, l’ultimo libro di Malcolm Gladwell (Fuoriclasse. Storia naturale del successo, nella traduzione italiana) è ricco di spunti interessanti.
L’intero libro è giocato sulla relazione tra talento, duro lavoro e condizioni facilitanti che favoriscono il successo.
Non mancano provocazioni e deduzioni originali e spiazzanti.
Uno dei concetti che più mi ha incuriosito è la relazione tra Quoziente d’Intelligenza e successo.
La domanda è: chi ha un elevato Q.I. ha più probabilità di avere successo nella vita reale?
Sì, ma fino a un certo punto… letteralmente.

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Cognizione rapida

I commenti a questo post hanno ricordato sia a me che a Nicola il libro di Malcolm Gladwell “Blink”, tradotto in italiano per Mondadori con il titolo “In un batter di ciglia“, e di cui ho scritto una recensione qui..
La tesi centrale del libro è che la cultura nella quale ci siamo formati ci ha abituati a concepire il decision making come un processo governato da modalità e regole precise che prevedono che, prima di operare una scelta, è necessario raccogliere, vagliare, pesare il maggior numero di informazioni possibile, in modo da decidere “con cognizione di causa”.

In realtà, dice Gladwell, esiste un’altra forma di conoscenza, che, se trova poco spazio nelle teorie, trova invece ampia applicazione nella pratica quotidiana.
Si tratta di quei giudizi e di quelle decisioni che vengono presi “in un batter di ciglia”, appunto, affidandosi a intuito e sensazione. Questa attività di “cognizione rapida” avviene al di sotto della soglia della nostra consapevolezza, ha a che vedere con l’expertise e con la competenza inconsapevole, e si rivela spesso indispensabile in momenti di emergenza e concitazione.

Naturalmente, non è da trascurare il “lato oscuro” di questo tipo di decisione: i pregiudizi e gli errori cognitivi.

Criminal Minds

Su Mente & Cervello di marzo, la traduzione di un interessante articolo di Malcolm Gladwell per il New Yorker sui profiler, i superpoliziotti che, sulla base degli indizi lasciati sulla scena di un delitto, tracciano un profilo dell’autore del delitto stesso. Le conclusioni di Gladwell sono provocatorie: in realtà, non sono le capacità predittive e di lettura dei comportamenti a determinare il successo dei profiler (immortalati, tra l’altro, nella serie TV Criminal Minds), ma piuttosto la loro capacità di essere abilmente vaghi nel formulare i loro profili da un lato, e dall’altro la certezza che, all’interno delle descrizioni dei soggetti ignoti, quasi certamente verranno ricordati gli spunti corretti, e verranno dimenticati quelli sbagliati.
Gladwell chiama “Trucchi da cartomante” l’apparato di stratagemmi linguistici che contribuiscono, secondo lui, a rendere una previsione attendibile. Astrologi e sensitivi sono maestri in questi trucchi. Eccone alcuni esempi:

– Lo stratagemma dell’arcobaleno: un’affermazione che attribuisce al cliente un certo tratto di personalità, e contemporaneamente un tratto opposto (tipo: “Lei è una persona tranquilla e timida, ma se le va è capace di diventare l’anima di una festa”).

L’affermazione alla Jaques, che adatta le proprie previsioni all’età del soggetto

L’affermazione alla Barnum, talmente generica da trovare tutti d’accordo,

eccetera

Questi stratagemmi linguistici si possono trovare descritti dettagliatamente nel libro del prestigiatore Ian Rowland The Full Facts Book of Cold Reading.

Il punto è, secondo Gladwell, che il profiling non è un trionfo della scienza forense. E’, piuttosto, un trucco da salotto.

Emozioni e decision making

Che la nostra pancia voglia prender parte (a volte a scapito della nostra testa) nei processi decisionali è sentire comune.
Ma c’è un esperimento condotto dall’équipe diretta dal neurologo Antonio Damasio che ci racconta qualcosa di molto interessante. Ne parlano sia Malcolm Gladwell in Blink, sia Cordelia Fine in Gli inganni della mente. Ecco come lo descrive quest’ultima:

Uno dei temi più recenti e attuali in psicologia riguarda il potere che le emozioni esercitano sulle nostre scelte, persino su quelle che, verrebbe da pensare, richiedono notevoli calcoli mentali e misurazioni accurate. L’esperimento che ha suscitato grande interesse nei confronti del potere dei sentimenti impiegava un gioco d’azzardo per simulare in laboratorio la complessa e indeterminata miscela di rischi e vantaggi che le nostre scelte quotidiane comportano. I ricercatori hanno chiesto ai volontari di selezionare delle carte, più e più volte, scegliendole da uno qualsiasi dei quattro mazzi che avevano di fronte. I volontari non avevano ricevuto molte informazioni sui mazzi: sapevano soltanto che alcuni funzionavano meglio di altri. Quando scoprivano una carta, scoprivano anche se avevano guadagnato o perso punti. Due dei mazzi facevano totalizzare punteggi elevati, ma, ogni tanto, causavano drammatiche perdite. Nell’insieme, se ne deduceva che era meglio evitarli. Gli altri due mazzi, invece, alla lunga si rivelavano più vantaggiosi, poiché determinavano vincite meno eclatanti ma anche perdite meno devastanti. Mentre i volontari erano impegnati nel gioco, i ricercatori registravano le loro reazioni emotive misurando le risposte della “conduttanza epidermica”, termine garbato che indica quanto un soggetto sta sudando. […]
Lo schema delle vittorie e delle sconfitte era troppo complesso perché i volontari riuscissero a calcolare quali erano i mazzi migliori. Eppure, alla fine dell’esperimento, quasi tutti i partecipanti sceglievano le carte dai mazzi vincenti, poiché avevano affinato un “sesto senso” che suggeriva loro quale mazzo evitare. Di per sé, non è un fatto particolarmente straordinario. L’aspetto alquanto singolare era un altro: sembrava che le dita sudate dei volontari calcolassero qual era il mazzo da evitare prima ancora del loro cervello. Nella fase precedente all’intuizione, mentre i volontari stavano ancora scegliendo le carte in modo casuale, i valori della loro conduttanza epidermica si impennavano un attimo prima che essi scegliessero una carta da un mazzo perdente. Solo dopo aver iniziato a manifestare queste scosse emotive di preavviso, i volontari riuscirono a sviluppare la capacità di percepire a livello epidermico che avrebbero dovuto evitare quei mazzi.
Il dominio che queste sensazioni viscerali esercitano sul nostro comportamento divenne palese quando i ricercatori sottoposero allo stesso gioco d’azzardo un paziente che aveva subito una lesione a carico di parte della corteccia prefrontale (il lobo prefrontale ventro-mediale). Costui, che chiameremo con le iniziali EVR, in passato era stato un uomo d’affari di successo, oltre che marito e padre felice, finché in una regione della sua corteccia prefrontale si era sviluppato un tumore che aveva richiesto l’asportazione chirurgica. Subito dopo l’intervento, l’attività professionale e la vita personale di EVR erano andate a gambe all’aria a causa di una bizzarra incapacità di prendere decisioni.
Anche gli acquisti più semplici, come comperare un rasoio o scegliere una marca di shampoo, richiedevano uno snervante confronto fra prezzi e qualità. […]
E quando riusciva a prendere delle decisioni, si trattava quasi sempre di decisioni sbagliate.

La stessa Cordelia Fine ci racconta che EVR non aveva alcun problema a generare una serie di soluzioni alternative del tutto ragionevoli e assennate, ma, come egli stesso ammetteva, non aveva la più pallida idea di quale tra queste soluzioni avrebbe scelto nel momento in cui si fosse trovato a dover decidere davvero.

Come dire che anche la conoscenza più completa e la più acuta razionalità, quando non si accompagnano ad una “conoscenza emotiva”, non ci sono di nessuna utilità nemmeno nelle scelte più banali.

In un batter di ciglia

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Ho scritto per il sito di Economia & Management una recensione del libro di Malcolm Gladwell “In un batter di ciglia. Il potere segreto del pensiero intuitivo“.
Per vederla è necessario registrarsi (gratuitamente) alla community.
Ecco il link della recensione e quello per la registrazione alla community

Per chi desidera commentare la recensione (o il libro), questo è il luogo adatto.