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Elogio del Follower

In questo articolo su HBS Working knowledge, una tesi intrigante, che parte dalla domanda: dove andrebbero a finire i leader senza dei buoni follower?
Del tema avevano già parlato Jack Gabarro e John Kotter, in un articolo su Harvard Business Review intitolato “Managing your boss“, nel quale i due autori affermavano che:

  1. si deve capire il proprio capo, con i suoi obiettivi, le pressioni a cui è sottoposto, i suoi punti di forza e i suoi punti deboli, il suo stile di lavoro
  2. si deve capire sè stessi, i propri bisogni, i propri punti di forza e punti deboli, il proprio stile comportamentale, la propria disposizione verso l’autorità
  3. si deve sviluppare una relazione centrata su argomenti come la comunicazione, la comprensione delle reciproche aspettative, l’onestà, l’affidabilità, l’uso selettivo del tempo e delle risorse del capo.

Il dibattito è stato riacceso dal libro di Barbara Kellerman “Followership“.

Il fatto è che, sostiene l’autrice, i followers stanno guadagnando potere e influenza, mentre i leaders stanno perdendo potere e influenza.

Secondo la Kellerman esistono cinque tipi di follower:

  1. isolates (completamente distaccati)
  2. bystanders (meri osservatori)
  3. participants (si assumono impegni)
  4. activists (provano sensazioni forti e agiscono di conseguenza, sia pro che contro il leader)
  5. diehards (profondamente devoti al leader)

Secondo James Heskett, autore dell’articolo, il terzo tipo (participants) sembrerebbe offrire il maggiore potenziale nel lungo periodo in termini di relazioni produttive tra capo e subordinato, specialmente nelle grandi organizzazioni.

A giudicare dal numero e dalla qualità dei commenti all’articolo, il tema sembra caldo…