Ultimamente, nei percorsi formativi sul public speaking, insisto sempre molto sulla distinzione tra le slide che vanno proiettate durante la presentazione e i documenti a supporto della presentazione stessa, che vengono distribuiti durante o dopo l’evento.
Avendo obiettivi diversi, queste due tipologie di supporti, sono per natura diversi e spesso totalmente incompatibili.
Garr Reynolds, nel suo libro Presentationzen (di cui consiglio la lettura), chiama i tentativi di ibridazione Slidumenti.
Ecco come spiega perché non usarli:
Le slide sono slide. I documenti sono documenti. Non sono la stessa cosa. Ogni tentativo di fonderli sfocia in quello che io chiamo slidumento. La creazione dello slidumento scaturisce dal desiderio di risparmiare tempo. Le persone pensano così di essere efficienti e di semplificare le cose. Un approccio del tipo prendi-due-piccioni-con-una-fava o, in giapponese, iiseki ni cho. Purtroppo però (a ameno che non siate un piccione) l’unica a risentirne sarà l’efficacia della comunicazione. Le intenzioni sono buone, ma i risultati lasciano a desiderare. Questo tentativo di risparmaire tempo creando uno slidumento mi ricorda un proverbio giapponese: nito o oumono wa itto mo ezu, ovvero, “se insegui due lepri non ne prendi nessuna”.
Le slide proiettate dovrebbero essere il più possibile visive e supportare i vostri argomenti in modo pertinente, veloce ed efficace. Il contenuto, la dimostrazione e l’interesse/emozione verbali derivano soprattutto da quello che dite.
Sottoscrivo, direi, parola per parola.
Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui