Ancora su esperienza e formazione
Il commento di Luigi Mengato al post Formazione Vs Esperienza, oppure no? mi ha portato ad alcune riflessioni, che vorrei condividere con voi.
Affermavo, in quel post, che la formazione dovrebbe fornire quei modelli attraverso i quali massimizzare l’apprendimento che deriva dalle esperienze.
Il commento di Luigi:
[…] è per questo che motivo che ritengo molto efficace la modalità formativa esperienziale (soprattutto in versione Outdoor) piuttosto che l’aula frontale.
Sarei curioso di conoscere la tua opinione.
Eccola:
Credo anch’io che la modalità formativa esperienziale presenti una serie di vantaggi rispetto all’aula frontale.
Li riassumerei in due ordini:
- La creazione di un’esperienza di riferimento realmente condivisa, che può essere una solida àncora per le rielaborazioni e le riflessioni successive, proprio perché è una rappresentazione comune e vissuta.
L’utilizzo, nell’aula frontale, dello storytelling può produrre un effetto simile, ma senz’altro con efficacia non paragonabile. - Questa esperienza, poi, mette in gioco in maniera forte i fattori emotivi che spesso, invece, nell’aula frontale restano sottotraccia e non sono oggetto di riflessione.
Due vantaggi, quindi, non da poco.
Che, però, nascondono un lato oscuro.
Creare un’esperienza condivisa emotivamente forte, infatti, non dovrebbe essere l’obiettivo ultimo di un processo formativo, proprio per le ragioni che ho illustrato nel post precedente.
Mi risulta che, invece, questa sia una pratica piuttosto diffusa.
Proprio la potenza del mezzo (e la varietà di metafore formative che si sono sviluppate in questi ultimi anni) porta ad esaurirne il potenziale “dentro” all’esperienza stessa.
Il mezzo, insomma, diventa spesso il fine.
Io resto convinto, invece, che l’apporto formativo abbia a che vedere con quel confronto tra esperienza e modelli che Christensen ha descritto nell’articolo che ho citato qui. E portare in profondità questo confronto non è cosa da poco, sia che si parli di aula frontale che di formazione esperienziale o outdoor.
Buongiorno Luca,
innanzi tutto grazie per la citazione e la risposta.
Concordo con te in tutto, soprattutto quando scrivi che “il mezzo diventa il fine” ed effettivamente sembra che “sia una pratica piuttosto diffusa”.
A mio parere la differenza sta soprattutto nel dedicare tempo ed attenzione al Briefing iniziale ma soprattutto al Debriefing dopo l’attività esperienziale. E’ qui infatti che si può creare la differenza rispetto ad un incentive, facilitando l’analisi delle persone nel leggere l’esperienza come metafora della vita lavorativa quotidiana. Il successo di un percorso esperienziale sta proprio nella chiusura del ciclo di Kolb ).
Il mezzo è “potente”, bisogna saperlo gestire bene: l’obiettivo deve rimanere la formazione e lo sviluppo individuale.
Infine un’ultima riflessione: ritengo l’esperienziale una “metodologia”, da affiancare ad altre metodologie (aula, coaching, mentoring, …) a seconda delle necessità e degli obiettivi del percorso formativo.
Vedo Luigi che siamo particolarmente allineati (anch’io sottoscrivo parola per parola quanto hai scritto).
Chi sa che sia il preludio di una qualche forma di collaborazione?
E perchè no ? Quest’anno le migliori cose che ho imparato sono nate proprio dalle collaborazioni con colleghi. Una di queste riguarda proprio l’uso delle metodologie formative, ho scritto qualche cosa qui: http://bit.ly/hAbG08.