Family business e successione
Su Il sole 24 ore di ieri, Franco Vergnano rende conto del Global Survey sulle aziende di famiglia condotto da Pricewaterhousecoopers.
Alcune cose interessanti:
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Il family business italiano è sostanzialmente allineato sui trend complessivi che emergono per gli altri Paesi, tranne che nel caso delle emergenze
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La metà delle aziende familiari nel mondo non ha un piano di successione (in Italia il 60%, in Europa il 54%, negli Stati Uniti il 44%)
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L’Italia risulta arretrata rispetto agli altri nella designazione puntuale del nuovo leader: l’80% delle aziende non ha designato formalmente l’erede. In Europa non hanno designato il nuovo leader il 52% delle aziende, in Nord America il 53%. Fanno meglio i mercati emergenti, con il 47%.
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In Italia mancano piani in caso di incidenti gravi dei personaggi chiave aziendali nel 42% dei casi, mentre la media mondiale è del 33% (e negli Stati Uniti soltanto del 14%)
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Le maggiori fonti di conflitto nelle imprese familiari italiane riguardano le decisioni strategiche. Il 73% dei family business italiani, però, non ha posto in essere alcuna procedura per la risoluzione dei conflitti tra i membri della famiglia
Il commento di Luca Barbera, Partner di Pwc:
Il tema del passaggio generazionale nelle imprese familiari è un tasto delicatissimo e di estrema attualità non solo all’interno del sistema economico italiano ma anche in tutti gli altri Paesi sviluppati. La successione nelle imprese familiari, quando non è pianificata in modo razionale, non solo crea problemi di governance ma spesso frena lo sviluppo e, in alcuni casi, arriva anche a compromettere la sopravvivenza dell’azienda stessa.
Luca,il panorama delle business family italiane, è perfettamente in sintonia con il ben triste panorama economico-politico italiano. Lo stesso divario di percentuali lo si può vedere in tutti gli altri campi. L’Italia è ormai una fetta d’Europa che tristemente si trascina ed a malapena sopravvive. Una riorganizzazione deve essere fatta, e in tempi brevi. Ma persone di una tale levatura da poter influenzare l’inizio del cambiamento non se ne vedono.Spero di poterti scrivere un giorno "Mi sono Sbagliato".bye.PS: Grazie ancora per i tuoi insegnamenti!
Ciao Marco, grazie per il tuo commento.Un consulente che ho conosciuto in questo periodo e che si occupa di internazionalizzazione mi ha detto: 1 anno in Cina corrisponde (per velocità del cambiamento) a 3 anni in Europa e a 5 in Italia.Credo sia più preoccupante il raffronto Europa/Italia rispetto a quello Cina/Italia.Mi pare che un modello sia andato in crisi e fatichiamo a rinnovarlo, anche perchè si fa fatica a cambiare un modello che, per molti anni, ha funzionato e creato crescita e benessere.Speriamo ci sia la forza per questo cambiamento.