Decidere prima di capire
Qualche giorno fa mi è capitato di parlare con un imprenditore vicino al passaggio della successione in azienda. Al momento, quindi, di godersi i risultati della propria fatica.
In pochi secondi, mi ha spiegato la sua strategia di decision making:
Vede, mi ha detto, io non sono un genio.
Per questo ho sempre dovuto decidere prima di capire.
Perché se avessi aspettato di capire prima di decidere, probabilmente altri prima di me avrebbero capito e mi avrebbero anticipato nella decisione.
E per altri intendeva sia i concorrenti che i collaboratori.
Un leader, quindi, secondo questo imprenditore, deve assumersi il rischio di decidere sulla base di una comprensione limitata, per mantenere leadership e credibilità.
Che ne pensate?
Caro Luca,
il commento dell’imprenditore mi piace molto, anche perché per tanti aspetti mi ricorda molto me stesso!
Seguendo l’impostazione di Dilts, dato l’ambiente è il comportamento che lo porta a prendere le decisioni migliori, viene prima delle capacità, valori e convinzioni, visto che proprio sulla base del preambolo della sua strategia sembrava che le proprie convinzioni e capacità non pesassero sul processo decisionale.
La sue identità imprenditoriale quindi si estrinsecava maggiormente nel comportamento.
Agire prima di pensare.
Ottima strategia, a quanto sembra, nel suo caso. Ma forse non solo nel suo…
Be credo che ogni imprenditore si comporti in questo modo.
certo, la frase “decidere prima di capire” è una iperbole, ma essere imprenditori o anche manager significa prendere decisioni con informazioni limitate…a volte addirittura in assenza di informazioni.
è parte del gioco. alcune aziende oggi sono in difficoltà anche perchè tecnologia ed internazionalizzazione sono così distanti dall’imprenditore (verosimilmente anziano) da impegirgli di prendere decisioni corrette in ambiti di cui conosce davvero poco le logiche di insieme.
Per questo il passaggio generazionale funziona quando padre e figlio crescono insieme contaminandosi.
ciao
aap
Io penso che, con il proprio il pensiero, l’imprenditore, tutt’altro che modesto come vuol apparire, volesse mettere in risalto le proprie doti manageriali e intuitive, vantandosene spudoratamente.
A scanso di equivoci, esplicito il mio tono scherzoso nel dire quanto ho appena scritto, non vorrei che si fraintendesse…
😉 Ciao
Francesco
“prima conoscere, poi discutere, poi deliberare” [Einaudi,’59]
non metto in discussione la componente di viscera delle decisioni dell’imprenditore (intuizione, coraggio, vision).
IMHO credo che le decisioni strategiche debbano essere prese ANCHE con il conforto dei numeri: business plan, ritorni dell’investimento, sistemi di reporting, etc.
caro Luca, tu stesso nel commento addolcisci la posizione un po’ provocatoria del Nostro imprenditore nella tua chiusa finale: “assumersi il rischio di decidere sulla base di una comprensione limitata”.
dunque una sintesi potrebbe essere “decidere pensando”
magari non troppo..
ciao
app
Grazie a tutti per i bei commenti.
Ci rifletto un po’ (non vorrei agire prima di aver ben capito…) e poi credo ne farò un post…
Ciao Luca,
mi piacciono questi commenti. Mi piace soprattutto come da quelli degli altri amici traspaia il concetto intellettivo della conoscenza.
A tal punto vorrei citare Malcolm Gladwell ed il suo “Blink” (ed il commento che fece Steve Gilligan al secondo seminario fiorentino con Robert, al quale eri presente anche tu). Quando c’è l’expertise, le decisioni sono prese in un lampo, perché si ha la consapevolezza inconscia.
Business plan e numeri sono importanti, ma non vorrei che venissero assunti come base (e quindi in ultima istanza anche giustificazione) per le decisioni che non sortono fuori spontanee.
Caro Nicola,
combinazione (ma non poi tanto…), in questi giorni stavo proprio rivedendo Gladwell per trarre spunto per uno o più post ispirati da questi commenti…
Affermazione interessante anzichè no. Decidere prima di capire mi fa venire in mente uno dei monologhi storici della filmografia e per la precisione quella in Cui Marlon Brando-Colonello Kurtz “vaneggia” sulla ragione che renderebbero l’uomo debole. Mi rendo conto che sia un concetto piuttosto “laterale” rispetto alla affermazione dell’imprenditore ma a mio avviso ha dei rimandi. Spesso ci soffermiamo molto su alcune decisioni che dobbiamo prendere finendo così condizionati da tutto un nostro bagaglio di esperienze passate convinzioni, convenzioni, timori, scrupoli quando forse sarebbe meglio ascoltare l’istinto e le sensazioni sfumate che arrivano dal nostro interno e agire di conseguenza.
Ciao
@felix
Grazie per il tuo commento. In effetti, come ho sottolineato anche sul post circa la cognizione rapida, spesso i processi di decision making avvengono ascoltando più la pancia che la testa. Salvo poi trovare, il più delle volte a posteriori, le ragioni “razionali” delle scelte.
@ Luca
E’ un accostamento un po’ azzardato il mio , forse il tuo riferimento alle decisioni di pancia è piu’ centrato. Del resto mi occupo di attività commerciale e sono convinto che il piu’ delle volte la decisione di un Cliente di accettare o meno le mie proposte si basa a livello inconscio su sensazioni che rimandano a simboli che rappresentano cose ed elementi positivi (o negativi)per il mio interlocutore piu’ che su elementi oggettivi in merito a cio’ che devo trattare. O per lo meno un mix di entrambi puo’ entrare in gioco.
@ Felix
…interessante.
Leggendoti, mi viene in mente che spesso acquisto oggetti (a volte assolutamente inutili) d’impulso, per poi ritrovarmi poco dopo a costruire ragioni “a posteriori”…
I migliori tra quelli che pensano prima di decidere, diventeranno degli ottimi collaboratori.
Ma i migliori tra quelli che decidono prima di pensare diventeranno degli ottimi leaders.
I peggiori, di entrambe le categorie, non combineranno nulla.
Lapidario, Mimmo, e molto efficace! Grazie.
Decidere prima di capire è quello che io chiamo “confidenza con il rischio” che è la terza caratteristica dei leader. Intendo dire che chi fa come l’imprenditore del quale hai parlato decide cosa fare prima di conoscere i dettagli e le esatte conseguenze. Così facendo può andare incontro a insuccessi o può trovare successi da raccogliere e credo che questo un leader lo sappia, ma è la sua familiarità con i rischi che lo rende diverso dagli altri.
Interessante, Marco. Grazie.
Quello della confidenza con il rischio è un tratto della leadership molto intrigante. Naturalmente, non è possibile assolutizzare: leader che sono molto propensi al rischio in un ambito potrebbero rivelarsi molto conservativi in altri ambiti. Certo, la percezione del rischio come leva strategica deve essere presente in qualunque leader.
Forse per mantenere leadership e credibilità si dovrebbe condividere le decisioni un po’ di più con chi ti sta attorno, ascoltare, dubitare di se stessi e della propria visione delle cose. Magari generalizzo ma spesso gli imprenditori sono dei grandi esperti del mestiere e la leadership che ne deriva è costruita principalmente su questa base (leadership di competenza). Estendere la propria leadership ed avvicinarla più ad uno stile coach risulta sicuramente più utile nel momento in cui sei destinato ad andare via perchè nel frattempo avrai “distribuito” responsabilità e quindi leadership
Grazie Rosario, commento interessante.
Forse è il caso che ci dedichi un po’ di riflessione (e magari anche un post).
Hhmmm… pare un invito a muovere le gambe prima di muovere il cervello, l’apologia dell’imbecille. Ho sempre deprecato, e dileggiato, questo comportamento (soprattutto quando capita a me), e nove su dieci ho ragione; la decima, beh, fortunatamente(!) esistono anche i jolly, nella vita.
In una stanza buia e sconosciuta, un passo in una direzione qualunque difficilmente porta più vicino all’interruttore della luce. D’altro canto un buon imprenditore ha tre capacità (competenze? è dura la lotta tra intuizione e sudore) importanti: sa che stando fermi non si va da nessuna parte (e non è che l’interruttore, come il secchio di Troisi, viene da me, solo perché lo invoco); sa elaborare informazioni non numeriche (un soffio d’aria, una densità di buio diversa, uno scricchiolio… l’antitesi di un business plan) che gli permettono di orientare i passi; sa andare fino in fondo, anche quando il fondo è indefinibile e molto incerto (se non raggiungo il muro non saprò mai se l’interruttore era lì; ma c’è, un muro?), e sta qui, a mio parere, la confidenza con il rischio citata in un altro post.
In definitiva, il suo imprenditore non la racconta giusta, o perlomeno non la racconta tutta.
Una chiosa. In teoria dei grafi, solo la ricerca in ampiezza garantisce di trovare un elemento cercato, posto che esista, anche in presenza di un grafo infinito, supponendo di avere abbastanza risorse. Nella nostra stanza buia, se mi muovo a spirale prima o poi trovo certamente l’interruttore, se non muoio prima, di fame, noia, vecchiaia. Non ho mai visto nessun imprenditore prendere in considerazione l’idea. Tutti operano in profondità, orientando i passi, alle volte, a prima vista, senza capire. Anche i medici, pur cercando sempre di evitare di operare prima di capire, agiscono in profondità e non in ampiezza: la diagnosi è una, non alcune, e l’errore (il pregiudizio) è nefasto.
Il commento lapidario di un post precedente mi ha infastidito, mi suona classista e parassita: un buon leader è colui che approfitta dell’impegno dei collaboratori, negando loro ogni possibilità, per nascita e costituzione, di fare i leader? Leadership e collaborazione sono comportamenti, non attributi, ed in quanto tali possono essere adottati da chiunque, fortunati, bravi e non.
faccio mio il commento di Nicola Menicacci.
Aggiungerei ,giusto per noi poveri e comuni mortali, che la consapevolezza inconscia si chiama instinto.
L’istinto è il senso dell’imprenditore.
“Sentire” la decisione dopo aver pensato cosa fare,senza porsi troppo il problema di come andrà.
Quell’instinto si manifesta anche con una sensazione fisica.