Critica del brainstorming

Il brainstorming è probabilmente una delle tecniche creative di gruppo più note e citate, e si basa sull’assunto che se lavorano in gruppo su un’idea le persone siano più produttive che lavorandoci da sole.
In realtà, diverse ricerche dimostrano come le persone siano normalmente in grado di produrre molte più idee se sono da sole piuttosto che in un gruppo.
La falsa credenza che le persone siano più creative quando stanno in gruppo viene detta dagli psicologi “illusion of group of productivity“.
La domanda è: perché questa illusione è così radicata?

Bernard Nijstad e il suo gruppo di studio dell’Università di Amsterdam sostiene che la ragione risiede nel fatto che, quando siamo in gruppo, il fatto che altri parlino e producano idee ci solleva dalla pressione generata dal non riuscire noi stessi a generare nuove idee. Mentre quando siamo da soli, non possiamo nasconderci la nostra reale produttività.

A supporto di questa tesi sono stati condotti alcuni esperimenti: a centinaia di studendi è stato chiesto di generare nuove idee per fare crescere il turismo a Utrecht. Alcuni di loro lavoravano in gruppo, altri da soli. Gli studenti che avevano lavorato in gruppi di varie dimensioni riportavano una maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e sentivano un minore senso di fallimento nel generare nuove idee rispetto a coloro che avevano lavorato da soli.
In altri esperimenti si è poi dimostrato come persone che lavoravano all’interno di un gruppo, ma a progetti diversi, i risultati circa la soddisfazione e il senso di fallimento somigliavano agli studenti che, invece, avevano lavorato da soli.

Ecco le conclusioni dei ricercatori: “Suggeriamo che lavorare in un gruppo possa generare un senso di attività continua. Questo potrebbe alimentare nei membri del gruppo l’idea di essere produttivi, perché sentono che il gruppo nel suo complesso sta facendo progressi, anche se loro non stanno contribuendo“.

Nella realtà, invece, ci alcune ragioni e condizioni per le quali il brainstorming può rivelarsi una tecnica non produttiva:

  • il fatto che cercare di ricordare la propria idea mentre se ne ascoltano altre e si cerca di interagire secondo le regole stabilite dal brainstorming può assorbire energie creative
  • il fatto che la sequenzialità di esposizione delle idee può anche portare a dimenticarne alcune
  • il fatto che il brainstorming ha bisogno di un facilitatore preparato e capace
  • il fenomeno del social loafing: mentre una parte del gruppo si scambia idee, un’altra parte rimane passiva, diminuendo il numero di potenziali idee in gioco
  • l’evaluation apprehension: il timore che le proprie idee vengano valutate e commentate negativamente (non necessariamente ad alta voce)

Per tentare di superare alcuni di questi limiti, è stato ideato il brainwriting, di cui parlerò in un prossimo post.

Via: BPS Research Digest

 

10 commenti
  1. riflessioni di un commercialista dice:

    ma il brainstorming non dovrebbe essere prima preparato dalla definizione di idee individuali e riservare al brainstorming la discussione alla critica, distruzione, nascita di nuove soluzioni?
    so di essere un profano, ma noi spesso lo usiamo così.
    forse perde un pò di spontaneità, ma aiuta a definire prima le soluzioni (almeno nel nostro caso)

  2. Luca dice:

    Ciao RDC, in realtà il brainstorming dovrebbe generare proprio il maggior numero di alternative possibile, in una prima fase senza critica alcuna.
    Comunque, conto di dedicare anche a questo argomento qualche post a breve. Anche perchè il processo che hai descritto tu brevemente (discussione, critica, distruzione, nascita di soluzioni) mi fa venire in mente alcune riflessioni che vale la pena di formalizzare… naturalmente dopo averci dormito su un po’ (incubazione….)

  3. Stefano dice:

    Sono d’accordo in buona parte su quanto scrivi. Per mia esperienza il brainstorming ha avuto successo quando sono (siamo) riusciti a creare una atmosfera “positiva” che porta le persone ad esporsi in maniera creativa e “rilassata” sulle varie possibilità.
    Molto curioso di leggere sul brainwriting …

  4. Luca dice:

    Ciao Stefano, grazie per il tuo commento.
    Sono d’accordo: la “cornice” fa molto in un brainstorming.
    A presto per il brainwriting

  5. Titti dice:

    Atteso che il facilitatore sia preparato e capace, favorire un brainwriting puro potrebbe però anche portare ad un isolamento del singolo dal gruppo. L’interazione comunque non può prescindere dal contestoo che non è dell’individuo, ma del gruppo. Semmai si potrebbe pensare ad una forma mista delle due tecniche e senza far cadere l’aspetto principale e cioè che si tratta di una tecnica di gruppo, per secondaria.
    Grazie Luca

  6. Luca dice:

    Grazie anche a Titti per il contributo.
    Vedo che il tema interessa… ne scrivo di nuovo a breve

  7. Eleonora dice:

    Ciao Luca, grazie per questo interessantissimo post!
    Non sapevo che la tecnica di brainstorming scritta avesse una sua valenza così differente e così approfondita. Mi è capitato spesso di usare o far usare la tecnica del brainwriting, anche se in modo più inconsapevole, principalmente per due ragioni:
    la prima, come hai scritto, riguarda la possibilità di mettere ogni persona a suo agio, dal momento che non tutti hanno la stessa facilità nel parlare davanti ad altre persone delle proprie idee;
    la seconda ragione riguarda le tempistiche che i due processi richiedono. Infatti è molto più facile gestire un momento di creazione di nuove idee quando è scritto rispetto a quando è orale (e poi diciamocelo, che a noi italiani piace particolarmente parlare ed essere dispersivi!). Inoltre la tecnica scritta permettere di avere regole maggiormente definite, in cui ogni persona sa di avere 3-5 minuti per eseguire una determinato compito, e poi dovendo passare il foglio, non ha possibilità immediata di tornarci sopra, e devo concentrarsi sul punto successivo.
    Nonostante questi indiscutibili vantaggi, credo che in piccoli gruppi molto affiatati e in cui ci si conosce bene, il brainstorming classico risulti avere un “valore aggiunto” notevole, in quanto permette alle persone un affiatamento maggiore, e anche una componente di divertimento non trascurabile.
    Ma per finire vorrei esporre un mio dubbio.
    Sinceramente credo che oltre a discutere quale sia il modo migliore per creare nuove idee, sia anche fondamentale capire come poi sfruttarle al meglio. Ovvero, se anche abbiamo 80 idee innovative in mano, è poi sicuro che il team che le ha prodotte sia altrettanto bravo ad amalgamarle in una unica soluzione-applicazione?
    Non sarebbe probabilmente utile creare una sorta di “lavoro individuale” una volta collezionate le idee? Per ragioni simili a quelle espresse nel tuo post, ho riscontrato diverse volte che dal momento in cui il processo di brainstorming finisce, i membri del team tendono a “sedersi”, e non si partecipa con lo stesso committement nel processo di concretizzazione delle idee.
    Se invece a questo punto ogni singola persona fosse responsabilizzata di dover trovare, con questa base di idee, una applicazione concreta, e solo a quel punto si decidesse di mettere insieme questi output in un risultato unico, non sarebbe forse un modo per raggiungere il massimo da ognuno? Ovviamente il tempo richiesto per l’intero processo aumenterebbe, ma con questo anche la sua efficacia.
    C’è qualcosa che posso leggere al riguardo?
    Grazie mille per il tuo tempo Luca!
    A presto

  8. massimiliano dice:

    Non so se si possa collegare bene con l’argomento ma mi sono da poco imbattuto nello studio di una metodologia statistica di analisi. Il metodo Delphi. Credo sia una buona alternativa che sopperisce ai “gap” delle dinamiche di gruppo sotto accusa che si instaurano nel brainstorming. Mi sapete dire qualcosa in merito?

  9. Luca dice:

    Ciao Massimiliano.
    Non conosco questo metodo… vedrò di documentarmi alla prima occasione.
    Grazie per il commento!

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