Dissenso e qualità delle decisioni

Come ho già sottolineato, il fatto che le organizzazioni scoraggino l’espressione del dissenso (specie nei processi di decision making e di pianificazione), può avere un impatto pesante sulla qualità delle decisioni assunte.
In questo articolo davvero interessante pubblicato su Harvard Business School Working Knowledge, ancora una volta, questa tesi viene confermata, attraverso un’analisi rigorosa (condotta da Garry Emmons) dei costi potenziali per le organizzazioni, piccole o grandi che siano, del non favorire, o addirittura del non permettere, l’emergere del dissenso.

I concetti chiave dell’articolo:

    La nostra naturale tendenza a rimanere in silenzio e a non rompere una situazione di equilibrio o di routine (un difetto che è proprio sia delle persone che delle organizzazioni) porta come risultato cattive decisioni, a volte anche mortali.
    Pensiamo alla New Coke, alla Baia dei Porci, al disastro dello Shuttle Columbia, per citarne alcune.
    Il fatto è che:

    • Tutti i gruppi umani organizzati sono suggetti alla soppressione delle visioni e delle idee considerate contrarie alle convinzioni fondamentali dell’organizzazione
    • Raramente le decisioni sono rese migliori dal silenzio e dall’omertà, ed evitarli è un compito fondamentale dei leader di qualsiasi organizzazione
    • La franchezza dovrebbe essere premiata e dovrebbero essere strutturati degli incentivi che incoraggino l’espressione di punti di vista diversi
    • Un senior team aperto, consapevole, curioso è un fattore critico per l’assunzione di buone decisioni

Mi pare interessante soprattutto il primo punto: le persone e le organizzazioni spesso difendono le proprie convinzioni, senza preoccuparsi di validarle rispetto alla situazione attuale.
Un esempio di questa pratica è ciò che Adizes ha definito la “trappola del fondatore”: il successo che ha arriso ad un’impresa si trasforma nell’arroganza di chi pensa che il modello di gestione adottato fino a quel momento sia la chiave di quel successo e che, quindi, non debba essere cambiato o rinnovato. E che il dissenso su questo punto non sia nè accettabile nè auspicabile.

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