Il legame tra leadership e intelligenze
Ronald Riggio inizia un articolo su Psychology Today con una domanda: le persone intelligenti sono leader migliori?
La risposta è, naturalmente, “dipende”.
Dipende, innanzitutto, da che cosa si intende per intelligenza.
Se si intende l’intelligenza misurata dal Quoziente d’Intelligenza, le ricerche paiono mostrare che il legame tra un alto QI e il raggiungimento di posizioni di leadership è da debole a moderato.
Del resto, chiunque può riconoscere il fatto che essere un genio non significa necessariamente essere un buon leader. E, dall’altra parte, il mondo ci appare pieno di leader che di geniale non paiono avere granché. Il QI, quindi, conta, ma non in maniera così decisiva.
Ci sono, però, come ha evidenziato Howard Gardner, altre tipologie di intelligenza.
Negli anni scorsi, sulla scorta degli studi di Daniel Goleman, si è posto l’accento sul concetto di intelligenza emotiva.
L’intelligenza emotiva ha a che vedere con la capacità di comunicare con gli altri ad un livello emotivo, di utilizzare le emozioni per indirizzare l’assunzione di decisioni, di conoscere e regolare le emozioni.
C’è certamente un legame tra intelligenza emotiva e leadership: si tratta di un ingrediente essenziale per creare una relazione buona tra leader e follower, e i leader carismatici spesso mostrano grande abilità nella comunicazione a livello emotivo (su questo punto, peraltro, vedo un legame forte con il modello dei Livelli di pensiero elaborato da Robert Dilts).
Anche in questo caso, però, secondo Riggio, il legame tra intelligenza emotiva e leadership certamente esiste, ma non è poi così forte.
C’è una terza forma di intelligenza su cui puntare l’attenzione: l’intelligenza sociale. Si tratta della capacità di comprendere le situazioni sociali, di attenersi alle loro regole, di comprendere la prospettiva altrui, di mappare le norme complesse e astratte che dominano una situazione sociale. Le ricerche di Riggio giungono alla conclusione che questo tipo di intelligenza sembra essere quella che ha un maggiore impatto sulla leadership.
L’approccio proposto in questo articolo (e, immagino, nel libro di Riggio, Murphy, Pirozzolo “Multiple intelligences and leadership“) pare ricordare il cosiddetto “trait approach” alla leadership (quell’approccio che si focalizza sul tracciare un “ritratto del leader” elencandone le caratteristiche). In realtà, come l’autore stesso sottolinea, piuttosto che concentrare la propria attenzione su una serie di concettualizzazioni delle caratteristiche di un leader, questo approccio mira a rappresentare una complessa costellazione di abilità: le diverse intelligenze possono rendere un leader efficace in situazioni diverse, perché includono l’abilità di adattarsi ad una grande varietà di situazioni sociali e interpersonali. Una combinazione, quindi, delle varie tipologie di intelligenza potrebbe rappresentare un buon indizio per individuare un potenziale leader. Siamo soltanto all’inizio di un percorso di studio organico delle relazioni tra le molteplici forme dell’intelligenza e la leadership. Sembra, però, un filone ricco di potenzialità.
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