Creatitivà e tempo
Continua serrato, in questi giorni, il confronto con i partecipanti alle mie lezioni.
Questa volta il tema è la gestione del tempo, e la mia affermazione secondo cui, nella comunicazione circa il tempo, un leader deve presidiare tre messaggi fondamentali:
- Primo messaggio: la creazione di un linguaggio condiviso circa i concetti di urgenza / importanza / priorità
- Secondo messaggio: la definizione di un obiettivo che riguarda la gestione del tempo: ridurre il più possibile l’area della crisi
- Terzo messaggio: la gestione delle principali strategie per ottenere questo obiettivo: delega, programmazione, proazione, definizione di confini
In particolare, l’attenzione è sul secondo messaggio: l’area della crisi è quell’area che comprende quelle attività che, per la loro urgenza e poca prevedibilità e per la loro importanza, e quindi per il loro impatto sugli obiettivi, sono fonte di stress e, spesso, di scarsa efficacia.
Francesco Moschetti (grazie per lo stimolo!) mi fa notare come molti ritengono di performare meglio proprio quando l’attività è poco prevedibile sottolineando come alla base di questa convinzione ci sia, forse, una certa confusione tra pressione sul tempo e senso di sfida.
Per dare linfa alla discussione, traduco alcuni brani di un’interessante intervista a Teresa Amabile, docente ad Harvard:
Alcune persone sono convinte che la pressione sul tempo stimoli il pensiero creativo, altre sono certe che lo soffochi. Ci sono poche ricerche sulla pressione sul tempo e la creatività nelle organizzazioni, e i risultati sono contraddittori.
Negli ultimi anni, si è fatto un gran parlare della pressione sul tempo nelle organizzazioni, e di come sia diventata una caratteristica degli ambienti di lavoro in cui sono presenti molti lavoratori della conoscenza (persone che, idealmente, si suppone svolgano lavori creativi per la maggior parte del tempo!).
Domanda: Una delle cose interessanti suggerite dal suo lavoro è il fatto che, nonostante le persone pensino di essere più creative quando sono sotto pressione per una scadenza, in realtà non lo sono. D’altra parte, però, anche una pressione troppo leggera aiuta poco la creatività. Allora, come può fare un manager a trovare il “punto di equilibrio” lungo il continuum tra tempo e creatività?
Risposta: In realtà, non credo si tratti di un continuum, quanto piuttosto di un set di condizioni che sembrano determinare se la pressione sul tempo avrà un effetto positivo o negativo sulla creatività. Come precisato in un articolo per HBR, i risultati suggeriscono che, in generale, livelli di pressione molto alti devono essere evitati se si vuole promuovere la creatività con costanza. Comunque, se una certa pressione sul tempo è assolutamente inevitabile, i manager possono provare a preservare la creatività proteggendo le persone dalla frammentazione del loro lavoro e dalla distrazione; dovrebbero anche dare alle persone il senso di trovarsi “dentro ad una missione”, di fare qualcosa di difficile ma importante. In ogni caso, non credo che la maggior parte delle persone possa lavorare efficacemente in questo modo per lungo tempo senza spegnersi.
Dalla parte opposta, una pressione sul tempo troppo bassa potrebbe accompagnare le persone verso l’inazione; in queste condizioni, un incoraggiamento da parte del top management ad essere creativi – a fare qualcosa di radicalmente nuovo – potrebbe stimolare la creatività. Ma, francamente, non credo che ci sia un gran pericolo di una pressione sul tempo troppo bassa, almeno nelle organizzazioni che ho studiato io.
D: Personalmente, quale è stata o quali sono state le scoperte più interessanti?
R: Forse la sorpresa più grossa è stata quella di scoprire che davvero la pressione sul tempo sembra avere un impatto rilevante sulla creatività, anche se le nostre intuizioni sono contraddittorie e le ricerche precedenti non sono giunte a conclusioni. Sono anche molto sorpresa che, anche se i nostri partecipanti fornivano la prova di essere meno creativi nei giorni in cui si trovavano sotto pressione, ci hanno riferito di sentirsi più creativi proprio in quei momenti. Questo mi aiuta a trarre qualche suggerimento circa le nostre intuizioni contraddittorie!
E voi, che cosa ne pensate?
Sono convinto che la creatività vada presa ogni qualvolta che si presenti ,ma l’ambiente come tale è ,sarà fondamentale per questo tipo di lavoro……quindi ai manager consiglio di andare con molto ,molta e ancora molta calma.Condivido tutto ma la poca pressione deve trasformarsi in (pressione senza pressione)………….
Grazie gio1974 per il tuo commento.
Credo che i manager dovrebbero favorire la pratica di stabilire/negoziare dei confini temporali all’interno dei quali i loro collaboratori possano lavorare senza pressione. E’ quello che raccomando anche durante i corsi sul time management.
Sono d’accordo con la tua riflessione Luca. In un contesto complesso e dinamico riuscire a ricavare un po’ di “ridondanza operativa” e consentire riflessioni creative per se stessi e per i propri colaboratori diventa fondamentale. Poi in un ottica manageriale il tempo per la creatività è un tempo “della mente” che può essere ricavato al di fuori dei confini lavorativi … ammesso che esistano ancora tali confini.
I miei momenti di maggiore creatività (ma è una esperienza personale) li ho quando corro (non in senso metaforico … ma sportivo) perchè riesco a raggiungere spesso qualcosa che secondo me è intraducibile e che gli americani chiamano “flow” che è il terreno più fertile per la creatività
Grazie Stefano.
In effetti, l’esperienza del flow trova ampio riscontro anche in letteratura.
Credo che il discrimine sia, spesso, il valore che si assegna alla creatività, specie in certi tipi di contesto.