Questione di soffitto (e non solo)
A proposito di quanto accennato in questo articolo, su Mente & Cervello di Agosto, un resoconto di Emily Anthes sulle ultime scoperte circa la relazione tra esseri umani e ambienti artificiali.
L’architettura degli edifici (uffici, scuole, case, ambienti dedicati alla cura), secondo i risultati di queste ricerche, può influenzare in maniera determinante i processi mentali delle persone che li frequentano, favorendo e sfavorendo alcuni di questi processi.
Grazie ai progressi compiuti dalle neuroscienze, il senso e l’intensità dell’interazione tra uomo e ambiente possono essere misurati ormai con un buon grado di precisione, e i risultati sono spesso sorprendenti.
Ecco alcune delle conclusioni a cui sono giunti studi recenti:
- l’altezza del soffitto di una stanza influenza il modo di pensare delle persone: in stanze più alte si tende a elaborare categorie più astratte e sono favoriti i processi creativi, in stanze più basse si tende a concentrarsi di più su dettagli specifici
- un panorama naturale (alberi, prati, fiori, colline) al di fuori di una finestra favorisce la concentrazione
- una maggiore quantità di sole e di luce naturale all’interno delle aule aumenta notevolmente la capacità di apprendere dei bambini
- mettere in mostra (per esempio nella sala d’aspetto di uno studio medico) oggetti tondeggianti invece che oggetti con molti spigoli contribuisce al rilassamento delle persone che frequentano quell’ambiente
- la disposizione e la visibilità delle vie d’uscita negli istituti di cura per pazienti affetti da demenza influenza il decorso della malattia
e gli esempi potrebbero continuare (nell’articolo se ne trovano molti altri).
Non finisce di stupirmi come elementi di contesto spesso poco considerati impattino in maniera notevole sui processi mentali e, quindi, sulle performance degli individui, sul grado di benessere e, perfino, sulla salute.
Sottolineo il 3° punto “una maggiore quantità di sole e di luce naturale all’interno delle aule aumenta notevolmente la capacità di apprendere dei bambini”.
Personalmente ritengo che questo valga non solo per i bambini ma molto anche per gli adulti. Mi è capitato di partecipare ad attività formative e riunioni in aule senza finestre: elevata difficoltà di gestione, scarsi risultati e tanta stanchezza.
Grazie Luigi. Sì, è vero, la luce è uno di quegli elementi di contesto che impattano in maniera determinante.
E che dire del Congresso internazionale a cui ho recentemente partecipato :”Dialogo tra Teatro e Neuroscienze” con un’aula piccolissima, senza finestre, senza aria, con relatori che “leggevano” in varie lingue senza traduzione simultanea, con partecipanti seduti per terra,altri in piedi?
Sarà la crisi, cara Renata, che impone un po’ di tristezza in più… 😉