Pianificazione e zen
Le mie letture di questi giorni(1) mi hanno riportato ad un libro che mi aveva colpito molti anni fa, e che poi avevo pressoché dimenticato: Lo zen e il tiro con l’arco, di Eugen Herrigel.
Si tratta del resoconto di come un occidentale possa avvicinarsi allo Zen.
Herrigel, professore di filosofia, vuole essere introdotto allo Zen e gli viene consigliato di imparare una delle arti in cui lo Zen da secoli si applica: il tiro con l’arco.
Il percorso dell’autore (a memoria, rileggerò il libro nei prossimi giorni) lo conduce a comprendere (sarebbe meglio dire a praticare) come è proprio la sua volontà di centrare il bersaglio con la freccia il più grande ostacolo al raggiungimento dell’eccellenza nell’arte del tiro con l’arco.
Nell’approccio zen, “la vera arte è senza scopo e senza intenzione”.
E questo suo essere senza scopo né intenzione fa in modo che ogni singolo gesto sia fine a se stesso.
Incoccare la freccia ha come scopo null’altro che incoccare la freccia, e lo stesso vale per l’atto di tendere la corda, e per ogni atto successivo.
Per dirla in un altro modo (spero non troppo impreciso): la totale attenzione al processo, senza occuparsi minimamente del risultato.
Soltanto la cura del processo, senza altra intenzione, porterà all’eccellenza del risultato.
A queste considerazioni si lega un’altra massima zen:
Prima decidi ciò che farai, poi pianifica nel migliore dei modi. Quindi, semplicemente, fallo.
La combinazione di questi due concetti mi pare metta in evidenza un importante vantaggio di una pianificazione ben fatta: consente, una volta terminata la pianificazione, di dedicare tutta la propria attenzione al compito da svolgere, senza la distrazione di dover pensare a ciò che verrà dopo o a ciò che è stato prima.
Il mettere sulla carta un piano d’azione consente poi di dedicarsi ad ogni sua parte con il massimo della concentrazione e dell’energia.
Di vivere, insomma, il qui ed ora.
Come nel tiro con l’arco, è la cura di ogni parte del processo come fine a se stessa che consente di raggiungere il risultato.
Il termine “consente” non è casuale: si tratta proprio di consentire che le cose accadano.
E questo, il più delle volte ha a che vedere più con il sottrarre, con il rimuovere piuttosto che con l’aggiungere…
Che ne pensate?
“Prima decidi ciò che farai, poi pianifica nel migliore dei modi. Quindi, semplicemente, fallo.”
Decisamente una frase da coach! Condivido e applico 😉
Chi ha detto: “Abbiate cura dei mezzi ed il fine avrà cura di se stesso?”
… oppure, per dirla in maniera più aziendalistica, “voi curate la qualità, che gli utili poi si curano da sè”
Grazie per i commenti!
E’ vero. Pianificare consente di occuparsi semplicemente del processo senza preoccuparsi nè del prima nè del dopo.
… ed è importante sviluppare l’abilità di capire se è il momento di cambiare la pianificazione in corso d’opera e non perdersi nel processo.
Alcune persone mi dicono: “è facile per te mantenere l’attenzione. Noi facciamo un lavoro noioso e ripetitivo. Come si fa a mantenere la mente sul qui ed ora”.
Altre persone invece mi dicono: “non ci riusciamo perchè abbiamo molte interferenze (telefono, contatti frenetici, input continui, sollecitazioni, etc.)”.
Pensiamo di essere in una cabina di regia della nostra vita.
Ciò che vediamo, ascoltiamo, proviamo possiamo zoomarlo, spostarlo, ridurlo, metterlo a fuoco, sfumarlo, renderlo + luminoso anche ad una velocità pazzesca. Il cervello funziona meglio ad alta velocità. La meditazione zen è la palestra, la PNL è un modello. Che bel terreno d’incontro e di esplorazione.
interessanti sempre le coincidenze, incrocio di richiami, persistenza di temi
ho letto il libro qualche anno fa e me lo porto dentro come qualcosa da sviluppare, da far crescere, anche se poi le corse quotidiane ci dis-traggono e fanno deviare i nostri passi.
sono molto d’accordo con queste riflessioni, sento che un’eccessiva attenzione ai fini, tutta molto occidentale, ci rende frettolosi e tesi nell’esecuzione e ci fa perdere di vista la perfezione dei gesti che richiede invece concentrazione sul singolo gesto. Nel libro l’autore compie un lungo percorso per allontanarsi dal bisogno di controllare i suoi sforzi fino a divenire capace di lasciar sgorgare da sé il gesto perfetto che permette di cogliere il centro.
la leggo anche come stupenda possibile metafora della capacità di costruire relazioni, il maestro di tiro con l’altro un maestro di vita (un formatore?)
Gianluca, Giulia, grazie per i vostri commenti. Profondi e centrati.