Fattori di successo nel public speaking
In questi giorni, in preparazione del corso di public speaking avanzato che ho tenuto al MIP, ho riflettuto parecchio sulle caratteristiche degli speaker che hanno, in qualche modo, influenzato il mio modo di pensare attraverso le loro idee e la loro comunicazione.
Insieme ai partecipanti al corso (a proposito, devo a tutti loro un ringraziamento per la disponibilità a mettersi in gioco) abbiamo poi elencato alcuni fattori di successo di una presentazione in pubblico.
Ne sono uscite delle considerazioni che mi pare interessante condividere.
Credo che a fare da sfondo ad una presentazione di successo (messi da parte gli aspetti tecnici, sui quali mi sono soffermato più volte), ci siano almeno tre elementi:
- la capacità di accogliere qualsiasi cosa accada durante la presentazione come una potenziale risorsa piuttosto che come un fastidio o una seccatura.
È un atteggiamento mentale che ha come presupposto la grande flessibilità che soltanto chi padroneggia contenuto e struttura della comunicazione può avere. - la capacità di mantenere sullo sfondo l’obiettivo della propria comunicazione, facendo in modo, nello stesso tempo, di dedicare la propria attenzione totale al qui e ora. È una dinamica molto simile, per spiegarmi meglio, a quella che ho descritto in questo post.
- La capacità di allargare ed arricchire, in qualche senso, le mappe mentali di chi ascolta.
Il focus è quasi sempre quello di fornire domande significative piuttosto che risposte preconfezionate.
Su questo punto tornerò…
Mi pare che queste caratteristiche possano aggiungere qualche stimolo anche a quanto scritto qualche giorno fa a proposito del competere insegnando.
Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui
Concordo sulle tre caratteristiche, ma ne aggiungerei una quarta che, secondo me, è fondamentale: l’uso della voce.
Forse che lo reputo importante perchè è ciò in cui mi sento carente?
AG
Una cosa che aggiungerei (ma che sicuramente avete gia pensato da qualche parte 🙂 ) è la capacità di percepire se i propri ascoltatori stanno capendo cio che si dice. Mi capita spesso di seguire relazioni e demo in cui sembra che l’oratore sia da solo con se stesso e non si accorge minimamente che ciò che sta dicendo non sta arrivando. Mi riferisco soprattutto a chi parte da una estrazione tecnica (ingegneria, sviluppo software…) e a una magari ottima competenza di dominio non si affianca una altrettanto buona capacità di comunicare.
PS: l’uso della voce secondo me è fondamentale, un tono basso e piatto mi fa scollegare dopo 5 minuti. Credo anche che l’importanza non sia tanto nel “tono” quanto nella capacità di variare il ritmo.
non sono ancora un esperto di computer mi sto dilettando per apprendere l’uso di questo mezzo che spesso mi sembra una risorsa inutile per i problemi che mi tormentano. ho 90 anni e benche in buona salute, l’avvenire mi spaventa per la tragicità delle notizie giornaliere.
Grazie per i commenti.
In effetti, l’uso della voce ed il contatto con il pubblico (capacità di raccogliere feedback) sono assolutamente delle precondizioni per realizzare quanto ho cercato di sintetizzare nell’articolo!
Sono molto d’accordo sull’importanza dell’apertura cm atteggiamento mentale, trasmette al pubblico la sensazione della forza di chi parla, del valore di cio’ che egli dice.
Anche “la capacità di allargare ed arricchire le mappe mentali di chi ascolta” è fondamentale e per questo aggiungerei qualcosa sulla scelta delle parole, sulla capacità di trovare, creare metafore ‘potenti’, capaci di disegnare orizzonti.
Costruire frasi semplici nella struttura sintattica ma evocative, dense, ricche di “senso”, parole e frasi che entrino in contatto con la mente di chi ascolta ed interagiscano con essa, sappiano aprire domande.
Questo secondo me permette di tenere l’attenzione del pubblico e di “lasciare traccia”.
Ieri sera a Bolzano ho avuto l’occasione di ascoltare una conferenza di Agnes Heller, impostata su una serie di domande a cui la Heller ha risposto con un linguaggio semplice e cristallino, nonostante la complessità dei temi e sempre rilanciando le domande: nessuna delle sue risposte era conclusiva, erano risposte che riaprivano altre domande, le sue parole erano precise e ‘dense'(anche se lei ha parlato in una lingua che non era la sua). L’ascolto è stato costante e significativo per circa un’ora e mezza.