Goal Setting: il lato oscuro

In questo working paper su HBR Working Knowledge, Lisa D. Ordóñez, Maurice E. Schweitzer, Adam D. Galinsky e Max H. Bazerman si premurano di mostrare con dovizia di particolari quali possono essere gli effetti collaterali negativi della pratica del goal setting.
Per molto tempo, infatti, il goal setting è stato promosso come strumento assolutamente risolutivo al fine di incrementare la motivazione dei collaboratori e la performance delle organizzazioni.
Le teorie sugli obiettivi e gli studi che le supportano, in particolare, illustrano i vantaggi offerti da obiettivi specifici e sfidanti, e come questi obiettivi motivano e stimolano molto più che generiche esortazioni a “fare del proprio meglio”.
C’è, però, un lato oscuro. O, meglio, più lati oscuri.

Alcune caratteristiche degli obiettivi, sostengono gli autori, contengono in sè il potenziale per produrre più danni di quanti problemi risolvano, e questi effetti collaterali sono spesso sottovalutati sia nella letteratura specialistica che nella pratica quotidiana.
In particolare, l’uso del goal setting, se non vengono usate le dovute cautele, può portare a:

  • degrado della performance dei collaboratori
  • distogliere l’attenzione da obiettivi importanti, ma non specificati
  • minare le relazioni interpersonali
  • intaccare la cultura organizzativa
  • motivare comportamenti rischiosi e non eticamente corretti

Si può fare qualcosa per prevenire questi effetti indesiderati e dannosi?

Gli autori consigliano una approfondita riflessione guidata da una serie di domande:

1. Gli obiettivi sono troppo specifici?
Obiettivi ristretti possono nascondere alla vista delle persone aspetti importanti del problema.
Ci si deve assicurare che gli obiettivi siano ampi ed includano tutti gli aspetti critici per il successo dell’organizzazione (per esempio, quantità e qualità).

2. Gli obiettivi sono troppo sfidanti?
Che cosa succederà se non verranno raggiunti? Come verranno valutati le persone e i risultati?
Il fallimento minerà la motivazione e l’efficienza?
Si devono fornire capacità e formazione per mettere le persone in grado di raggiungere gli obiettivi.
Si devono evitare punizioni dure in caso di fallimento.

3. Chi stabilisce gli obiettivi?
Le persone si sentono più coinvolte da obiettivi che sentono di aver contribuito a stabilire. Allo stesso tempo, le persone potrebbero essere tentate di stabilire obiettivi facili per poterli raggiungere.

4. L’orizzonte temporale è appropriato?
Ci si deve assicurare che gli sforzi a breve termine per raggiungere un obiettivo non compromenttano l’investimento sui risultati di lungo termine.

5. Come potrebbero gli obiettivi influenzare l’assunzione dei rischi?
Ci si deve accertare di chiarire quale sia il livello di rischio accettabile.

6. Come potrebbero gli obiettivi motivare comportamenti non etici?
Gli obiettivi restingono il focus, così che i collaboratori potrebbero essere meno attenti a riconoscere le questioni etiche.
Gli obiettivi inducono anche i collaboratori a razionalizzare i loro comportamenti scorretti e possono intaccare la cultura organizzativa.
Molte precauzioni possono essere necessarie per assicurare un comportamento etico nel momento in cui si perseguono degli obiettivi (ad esempio: leader che sono degli esempi di comportamento etico, rendere il costo del barare più alto del beneficio)

7. Gli obiettivi possono essere tagliati su misura delle capacità degli individui e delle circostanze preservando comunque l’imparzialità?

8. Come gli obiettivi influenzeranno la cultura aziendale?
Se la collaborazione è essenziale, si deve considerare l’opportunità di stabilire obiettivi collettivi piuttosto che individuali.

9. Gli individui sono intrinsecamente motivati?
E’ bene riconoscere la motivazione intrinseca e comprendere come gli obiettivi la possono ridurre.

10. Tenendo in considerazione gli obiettivi di lungo periodo dell’organizzazione, che tipo di obiettivi (performance o apprendimento) è più appropriato?
In generale, obiettivi che abbiano a che vedere con l’apprendimento sono più efficaci in organizzazioni che agiscono in un ambiente mutevole.

Tema complesso ma, mi pare, davvero attuale.

6 commenti
  1. Dragan Bosnjak dice:

    Ciao Luca,
    Riguardo la motivazione intrinseca ed estrinseca, i premi e punizioni, consiglio di leggere il libro Drive di Daniel Pink recentemente uscito, che raccoglie tutta la storia della motivazione intrinseca, esempi e motivi del dove e perché i premi e punizioni non funzionano, esempi di come fare a motivare le persone attraverso l’inseguimento della maestria nel loro lavoro.

  2. umberto dice:

    ho lasciato un commento su qualiTiamo:
    l’articolo è molto interessante; la capacità di formulare obiettivi fa parte del bagaglio del bravo manager ma è tutt’altro che banale.
    la definizione di obiettivi richiede eticità da parte del manager e una missione chiara sia dell’azienda che del ruolo a cui vengono assegnati gli obiettivi; sicuramente l’obiettivo deve essere assegnato coinvolgendo le persone che dovranno portarlo a termine; secondo me esiste anche una gestione dell’obiettivo, strada facendo, che comporta il dosaggio di incentivi e di riesami appropriati e la continua motivazione delle persone; stabilire obiettivi comporta anche la possibilità di sbagliare, ma si dice che se non abbiamo obiettivi qualcun’altro li stabilisce per noi
    in fondo stabilire degli obiettivi e gestirli è un po’ un arte e non tutti nascono artisti….. 🙂
    complimenti per l’articolo..

  3. Luca Baiguini dice:

    Grazie Umberto.
    E molte grazie anche a Leonardo che mi ha fatto notare che nella mia sintesi mancavano alcune domande. Le ho integrate..

  4. Luigi Mengato dice:

    ciao Luca, i punti sopra elencato sono molto interessanti. Mi sembra comunque che non mettano in dubbio la validità della metodologia del Goal Settings, ma evidenzino solo che bisogna crescere nella competenze per poterla applicare in modo corretto. Applicando la metodologia personalmente, penso di aver vissuto alcuni dei pericoli evidenziati personalmente; ma è proprio il fatto di averli vissuti come esperienza che ha dato loro valore ed ha permesso di migliorare la capacità di lavorare per obiettivi. In sostanza: più che pericoli li vedo momenti di crescita … Tu cosa ne pensi?

  5. Luca Baiguini dice:

    Luigi, grazie per il commento. Anche secondo me i punti esposti non sono una critica radicale del goal setting. Nel titolo ho, infatti, voluto mettere in evidenza che si tratta di un “lato oscuro”. La tua riflessione mi fa pensare che ciò che non ha un lato oscuro con tutta probabilità non ha nemmeno un “lato chiaro”. In questo senso le domande possono senz’altro essere lette come una check list che non inficia la bontà della metodologia, ma la affina.

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