Questione di àncore (e di un po’ di rancore)
Alcuni lettori del blog mi hanno chiesto di riportare qui l’articolo che ho scritto per il primo numero di “Vendere di più“.
Eccolo.
L’antivenditore
Questione di àncore (e di un po’ di rancore)
Non sono un venditore, e credo non lo sarò in futuro.
Piuttosto, sono vittima di venditori. Nel senso che mi è capitato spesso, in passato, di ritrovarmi tra le mani oggetti di cui, un secondo dopo il fatidico “sì, lo compro”, ho capito che avrei potuto tranquillamente fare a meno… anzi, avrei voluto fare a meno.
Questa rubrica, quindi, è dedicata a quelli che, come me, attratti dall’ultima mirabolante offerta speciale, hanno, almeno un paio di volte nella vita, provato quella stretta allo stomaco che ti fa dire “ma come caspita ha fatto quel venditore (o quel genio del marketing) a farmelo acquistare?”
E, badate, non sto parlando di pratiche fraudolente.
Sto parlando, piuttosto, di quei meccanismi inconsci che alcune persone (o organizzazioni) sanno attivare talmente bene da farti sentire, in qualche modo, intrappolato.
A prescindere, naturalmente, dai fini con cui queste manovre vengono messe in campo (che, spesso, sono i più nobili).
A questo punto, qualcuno potrebbe pensare che “Vendere di più” non sia la rivista più adatta ad ospitare una rubrica come questa. Mi permetto di dissentire. Credo, invece, che una rubrica come questa qui ci stia bene, per una serie di motivi sui quali, magari, tornerò in una prossima occasione.
Dicevo, quindi, che il mio lavoro, e il denaro che molti venditori sono riusciti a spillarmi, hanno diretto la mia attenzione su alcuni dei meccanismi e delle strategie che hanno a che vedere con la persuasione.
Oggi condivido con voi alcune riflessioni su uno dei più noti tra questi meccanismi: l’ancoraggio.
E per definirlo vi racconto di una ricerca che ha a che fare con “la ruota della fortuna”.
Daniel Kahneman e Amos Tversky (premio nobel per l’economia il primo e suo amico e coautore il secondo) nel 1974 allestirono questo esperimento: ad un campione di soggetti chiesero di rispondere alla domanda “Quanti, in percentuale, tra i Paesi africani aderiscono alle Nazioni Unite?”.
Prima di rispondere alla domanda, però, i partecipanti dovevano girare una ruota della fortuna (simile a quella del celebre gioco).
Ebbene, i due geniali ricercatori scoprirono che le risposte erano influenzate (udite, udite) dal numero estratto sulla ruota prima di rispondere: se la ruota si era fermata sul numero 65 la risposta media era “Il 45% degli Stati africani aderisce alle Nazioni Unite”, se la ruota si era fermata sul 10, la stima scendeva dal 45% al 25%, e via discorrendo.
Che cosa c’entra un numero estratto casualmente con la risposta ad una domanda?
Apparentemente nulla, se non fosse che il chilo e mezzo di materia grigia che ci portiamo appresso è soggetto ad un effetto chiamato ancoraggio.
Il numero estratto, infatti, rappresentava una sorta di àncora dalla quale i partecipanti all’esperimento facevano fatica ad allontanarsi: diventava un vero e proprio punto di riferimento pur non avendo alcuna relazione con la domanda che seguiva.
Il significato di questo esperimento è piuttosto semplice: la percezione che noi possiamo avere di un prezzo o del valore di un bene possono essere influenzati dal punto in cui viene gettata l’àncora.
E i venditori, come sfruttano questo piccolo bug del nostro cervello?
Due esempi:
- l’uso degli sconti.
Il valore di un oggetto e quindi la convenienza dell’acquisto ci appariranno tanto maggiori quanto più il prezzo scontato si allontanerà dal prezzo pieno. La stessa giacca venduta allo stesso prezzo ci apparirà più conveniente se quel prezzo (diciamo di 200 Euro) viene raggiunto partendo da un prezzo più elevato, con uno sconto consistente (400 Euro sconto 50%), piuttosto che da un prezzo più basso ma meno scontato (250 Euro sconto 20%).
Una variante è quella che ci farà sembrare questa stessa giacca più conveniente se si trova in un negozio in cui tutte le altre giacche costano 400 Euro, rispetto ad un negozio in cui tutte le altre giacche costano 120 Euro. - l’ordine con cui ci vengono presentati gli articoli.
Se dovrò comperare la stessa giacca e un paio di calze, il venditore, naturalmente, mi proporrà per prima la giacca. Una volta spesi 200 Euro per una giacca, aggiungere 20 Euro per un paio di calze mi parrà una spesa irrilevante, visto che ho ancorato la mia attenzione su una cifra ben più alta. Se l’ordine degli acquisti fosse stato invertito, probabilmente sarei stato più critico verso il prezzo di quel paio di calze!
C’è un modo per difendersi?
Come per tutti gli automatismi del nostro cervello, la difesa non è affare semplice (anche perché questi automatismi hanno una loro utilità). Una buona strategia può essere quella, nel caso sospettassimo di essere vittima di un ancoraggio, di generare un’ancora opposta. Se, per esempio, avessi il sospetto che un venditore sta cercando di affibbiarmi una giacca ad un prezzo eccessivo, potrei immaginare la mia reazione se il prezzo, invece, fosse sorprendentemente basso, creando, in questo modo, una contro-àncora.
E poi, ricordatevi di comprare sempre i calzini per primi!
A proposito di compiti non semplici…che fatica è stata scrivere questo articolo.
Quasi quasi, come ricompensa, esco a comprarmi qualcosa.
Alla prossima!
Caro Luca,
perdonami se a uno come te faccio questa domanda , ma la cosa mi incuriosisce molto, mi piacerebbe sapere come la tecnica dell’ancoraggio si potrebbe applicare da parte di un agente immobiliare che vuol convincere il cliente a comprare casa.Grazie a presto
Ciao Giuditta.
Un modo con cui gli agenti immobiliari utilizzano l’ancoraggio?
Beh, per esempio alcuni venditori tengono una casa brutta o dalle finiture scadenti come prima opzione da mostrare al cliente, ancorandolo così ad un edificio di scarsa qualità, in modo che tutte le altre case sembrino più belle di quanto non siano. In questo caso, infatti, si ancora non il prezzo, ma la qualità. Chiaramente, a questo punto il cliente sarà anche disposto a spendere di più per le case percepite come belle.