Una piccola riflessione su dettagli e perfezionismo

Una premessa: ho il sospetto che questo post sia più un “eccesso d’analisi” da parte mia, che un commento ad un fatto che possa avere un qualche rilievo pratico per me o per qualcuno di voi. Se così fosse, fatemelo sapere nei commenti.

Il fatto da cui parto è questo: ho passato la Pasqua a Roma con la mia famiglia. Sono salito su uno dei bus panoramici che permettono un tour di alcune delle zone più belle della città, il tutto condito da una audioguida multilingue.

Mi è parso un bel modo per dare alle mie figlie (per la prima volta a Roma) un’idea del perché venga chiamata “la Città Eterna”.
Loro, dopo una prima infatuazione per le cuffiette colorate dell’audioguida, se ne sono quasi subito staccate per godersi il panorama dall’alto del bus.
Io, invece, ho ascoltato diligente tutto il commento audio ai monumenti che passavano sotto i nostri occhi. Una cosa mi ha colpito: il numero notevole di errori di accentazione e di lettura commessi dalla guida registrata. Un esempio (ma ce ne sono altri che non ricordo): l’Angelo che si staglia sullo spalto più alto del castello starebbe riponendo la spada nel fodèro.
Questi errori erano sottolineati dai clienti del servizio con una certa (a volte sorpresa) ilarità.
La sensazione era quella di una cosa fatta (scusatemi) un po’ all’italiana.

Non ho idea se lo stesso accadesse anche nelle traduzioni in lingua straniera del parlato.

Poche ore dopo, ero di fronte alla Pietà di Michelangelo nella Basilica di San Pietro. E mi sono trovato a riflettere su come certi particolari possano davvero cambiare la percezione di un’opera. Di qualunque tipo di opera si tratti (perdonatemi l’accostamento ardito).
E di come sia labile il confine tra qualità e perfezionismo.
E di come per mantenere un equilibrio tra qualità e perfezionismo forse sia produttivo chiedersi in quali momenti e in quali modi verrà valutato il nostro lavoro (ha a che vedere, questo, con la valutazione dei “momenti della verità”).
E, infine, di come il tema della comunicazione sia articolato, a volte sfuggente, ma decisamente centrale.

Del resto, anche la Pietà è stata studiata per essere vista frontalmente, osservandola, infatti, di lato la si vede schiacciata e, anche solo muovendosi poco dal centro, si perdono molti di quei dettagli (panneggi, muscolatura) che ne fanno un’opera unica.

Ma, forse, come ho già detto, si tratta soltanto di un eccesso di analisi e volontà di trarre insegnamenti anche da fatti minimi. Magari, qualche volta, si dovrebbe riporre questa pretesa nel fodèro.

8 commenti
  1. Hans H. dice:

    Vivendo in ambienti multilingua questi errori di accento passerebberò inosservati, o espressione di provenienza o altro. Forse il perferzionismo è sempre da tenere presente verso quale direzione dirigerlo e domandarsi per ottenere cosa. Il perfezionismo tende all’infinito è necessario avere il punto dove dirigerlo così lo si blocca e si trova la giusta misura. Giusta misura e perferzionismo sembrano che non possano convivere ma non è così.

  2. Alberto Pasquini dice:

    bella riflessione, Luca!

    ho avuto per anni un capo perfezionista, quasi al limite del maniacale, ed ho avuto modo di studiare bene la cosa…

    qualunque cosa facciamo, nella vita privata o professionale, il tutto si gioca su dove vogliamo mettere l’asticella da saltare, e dove gli altri pensano che debba stare

    se la nostra asticella e’ un po’ piu’ alta della media attesa, finiamo subito nella categoria PERFEZIONISTI

    se e’ molto piu’ alta, finiamo nella categoria PERFEZIONISTI MANIACALI

    quando poi siamo valutati su una azione o un risultato, se mettiamo l’asticella molto piu’ alta, probabilmente sprechiamo risorse che non ci sono state chieste, magari facendo dei compromessi su altre attivita’ non meno importanti

    dunque in una visione ingegneristica, la perfezione non paga, sembrerebbe un inutile sforzo
    credo che il confine tra qualita’ e perfezione non e’ labile, puo’ essere ragionevolmente identificato

    pero’ a volte essere perfezionisti su alcuni temi puo’ essere una strategia vincente, come ha fatto Michelangelo sui particolari che si vedono nella visione frontale della Pieta’…

    forse che nel 1400 aveva gia’ letto qualcosa sui fattori critici di successo?

  3. simona dice:

    Io credo molto alle cose fatte bene e al piacere che poi possono offrire. Spesso sul lavoro si tralasciano dei dettagli che paiono insignificanti per varie motivazioni, soprattutto per la fretta con cui si devono fare le cose.
    Sembrano piccoli errori, ma invece non lo sono, anzi.
    Le persone perfezioniste con cui ho avuto il piacere di lavorare mi hanno insegnato molto. La cura nei dettagli e nelle piccole cose non è cosa banale

  4. Amy dice:

    Vivendo in ambienti multilingua questi errori di accento passerebberò inosservati, o espressione di provenienza o altro. Forse il perferzionismo è sempre da tenere presente verso quale direzione dirigerlo e domandarsi per ottenere cosa. Il perfezionismo tende all’infinito è necessario avere il punto dove dirigerlo così lo si blocca e si trova la giusta misura. Giusta misura e perferzionismo sembrano che non possano convivere ma non è così.

  5. Luca Baiguini dice:

    Grazie per i commenti.
    Questa riflessione continua… mi pare fertile e foriera di cose interessanti… vi tengo aggiornati!

  6. Claudia dice:

    Il punto è che il perfezionismo intacca le relazioni oltre che la visione del mondo e può diventare davvero maniacale. E’ difficile uscirne, io non ho ancora capito come fare!!!
    Purtroppo non sempre basta prendere le cose con ironia. Forse bisognerebbe allentare la pressione interna che ci spinge a fare le cose benissimo e sforzarsi di farle bene dando spazio anche ad altre cose.

    E’ inutile avere una casa perfetta se poi per pulire non si esce mai, non si coltivano i rapporti importanti e in quella casa non viene nessuno…

    🙁

  7. Rosario dice:

    Io trovo perfetto il modo in cui le tue figlie hanno affrontato la situazione: cambiando completamente il punto di vista da cui erano partite (le cuffiette “del papà”). A volte la troppa cura del dettaglio può far perdere la visione d’insieme: mi trovo spesso a pensarlo “confrontandomi” con i miei figli di due e quattro anni. Scusa la riflessione poco “accademica” ma mi chiedo alla fine chi si sia divertito di più quel giorno, ovvero chi ha raggiunto meglio l’obiettivo. 😉

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