Gli scarichi della fabbrica del futuro

L’articolo di Baricco per Wired di cui ho parlato qui ha suscitato uno scambio vivace tra lo stesso Baricco e Eugenio Scalfari.
Ne trovate traccia su Repubblica in questi giorni.
Un passaggio della risposta di Baricco a Scalfari ha suscitato il mio interesse.

Una premessa: Baricco distingue così i barbari dagli imbarbariti.

Io quando penso ai barbari penso a gente come Larry Page e Sergey Brin (i due inventori di Google: avevano vent’anni e non avevano mai letto Flaubert) o Steve Jobs (tutto il mondo Apple e la tecnologia touch, tipicamente infantile) o Jimmy Wales (fondatore di Wikipedia, l’enciclopedia on line che ha ufficializzato il primato della velocità sull’esattezza). Quando penso agli imbarbariti penso, a costo di sembrare snob, alle folle che riempiono i centri commerciali o al pubblico dei reality show. Il fatto che i secondi usino abitualmente le tecnologie inventate dai primi non deve confondere le cose. Si tratta di due fenomeni diversi: né l’eventualità che Steve Jobs adori i reality show deve indurci a fare confusione.

E qui, la cosa interessante: gli imbarbariti sono una specie di sottoprodotto dei cambiamenti epocali: inevitabile, inseparabile ma anche quasi irrilevante effetto collaterale.

Baricco la dice così:

E allora perché dovremmo giudicare Steve Jobs dai messaggi sgrammaticati che la gente si scambia sui suoi Iphone? Perché non ci arrendiamo all’idea che l’imbarbarimento è una sorta di scarico chimico che la fabbrica del futuro non può fare a meno di produrre? Simili rifiuti li ha prodotti l’Illuminismo, e prima di allora l’Umanesimo, e prima di allora l’idea imperiale di Roma, e prima di allora…

La mia, di domanda: quante volte, anche senza pensare a cambiamenti epocali, le persone e i gruppi non affrontano il cambiamento perché non hanno il coraggio di affrontare il puzzo dello “scarico chimico che la fabbrica del futuro non può fare a meno di produrre”?
A pensarci bene, a me è successo, più di qualche volta.

6 commenti
  1. stefano dice:

    Molto interessante questo ulteriore spunto di Baricco. Ogni fabbrica ha i propri scarichi e quella del futuro non fa eccezione: credo sia come dice Baricco “connaturato” al processo del progresso.
    Credo che sia un dovere di tutti noi cercare di essere però più barbari che imbarbariti e per rispondere alla tua domanda cercare di mettere un filtro anti-inquinamento alla nostra fabbrica in ottica “ecologista”: non è facile ma il tentativo va fatto ma senza evitare certo il cambiamento

  2. Luca Baiguini dice:

    Grazie Stefano.
    Il punto è che il cambiamento implica spesso l’abbandono di alcuni dei vantaggi della situazione attuale, e qualche volta l’abbandono di qualche parte del team che ci ha accompagnato fino a qui, e in molti casi di alternative è difficile trovarne…

  3. stefano dice:

    Vero Luca ma credo esiste un “timing” del cambiamento che va rispettato anche a pena di perdere qualcosa. Quando il cambiamento diventa “necessario” spesso è troppo tardi … ho esperienza di aziende che hanno “subito” il cambiamento e alla fine sono state travolte.

  4. Luca Baiguini dice:

    Sono d’accordissimo, Stefano
    La procrastinazione spesso rende ancora più alto il prezzo da pagare.

  5. Marco de Santis dice:

    Intrigante lo scambio fra Scalfari e Baricco. Del cambiamento nessuno può conoscerne in anticipo gli effetti e questo, credo, genera la prima causa di resistenza. Il cambiamento, in qualunque contesto, può farci sentire a disagio perché ci riporta a quel senso di smarrimento che abbiamo provato quando ci siamo trovati di fronte al nuovo. Il timore è quindi quello di sentirsi di nuovo incompetenti come il primo giorno di scuola o il primo giorno di lavoro. Non so se è il timore di affrontare la puzza di scarico, piuttosto credo sia il timore di non conoscere che cosa uscirà dallo scarico, che sia puzza o profumo.
    ps
    Leggo cose interessanti su questo blog: grazie.
    Marco

  6. Luca Baiguini dice:

    Grazie Marco.
    Una volta ho organizzato un evento per una rivista, con delle prove pratiche per esercitare vari tipi di intelligenza.
    Ad un certo punto, le persone che si sono sottoposte alla prova, dovevano mettere le mani in alcune scatole trasparenti: una conteneva dei vermi, un’altra dei ragni (naturalmente innocui). Ebbene, la scatola che però metteva davvero in crisi era quella che, invece che trasparente, era coperta da un telo. La paura ha, davvero, spesso a che vedere con l’ignoto.

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