Fare pace con il potere
Su HBR Italia di luglio/agosto, un articolo di Jeffrey Pfeffer (docente di Comportamento Organizzativo alla Graduate School of Business di Stanford) accende i riflettori (come ha fatto recentemente, in Italia, il libro di PierLuigi Celli “Comandare è fottere“, cui ho fatto cenno qui) sul tema del potere nelle organizzazioni.
La tesi è la stessa, non è possibile fare carriera o realizzare i propri obiettivi senza guardare in faccia alla scomoda realtà: per progredire è necessario ottenere ed esercitare potere.
Ho trovato molto interessante la scheda contenuta nell’articolo che illustra i più comuni motivi per cui le persone impediscono a se stesse di crearsi una base di potere adeguata ai propri obiettivi.
Le tre grandi barriere sono:
- La convinzione diffusa che il mondo sia giusto.
È quella che gli psicologi sociali chiamano “ipotesi del mondo giusto”, che è un corollario dall’esigenza di vivere in un ambiente prevedibile e, quindi, potenzialmente controllabile.
Questa convinzione ostacola il successo in due modi: limita la volontà di apprendere anche dalle situazioni o dalle persone che non si amano o non si rispettano, e anestetizza rispetto alla necessità di creare una base di potere che ostacoli le potenziali minacce. - Le pubblicazioni sulla leadership.
Pfeffer sostiene che queste pubblicazioni derivano le loro indicazioni più da auspici (sarebbe bello se il mondo funzionasse così) che dalla realtà. Anche perché i leader che ispirano queste stesse pubblicazioni tendono a tacere il lato oscuro della leadership: i giochi di potere che hanno usato per arrivare ai vertici. - La fragilità dell’autostima.
E qui c’è tutto il tema del self-handicapping: chiunque vuole sentirsi bene con se stesso e con il proprio livello di capacità. E questo porta spesso a fare intenzionalmente cose che inducono un peggioramento nella prestazione, in modo che eventuali esiti deludenti possano essere considerati un evento che non riflette le vere capacità.
Un po’ come uno studente che non si prepara adeguatamente ad un esame perché in questo modo, in caso di fallimento, potrà attribuire la bassa performance al mancato studio e non alle proprie capacità naturali.
Questo tema si può applicare alla mancata ricerca del potere come strategia per proteggersi dalla personalizzazione del fallimento.
Idee provocatorie, su cui riflettere.
Ottimo articolo.
Mi ha fatto riflettere molto. Dopo averlo letto ho chiesto un’aumento al mio capo 🙂
Lo hai fatto con la convinzione che “Il mondo sia giusto”?
😉