Una retorica dell’innovazione?
Via JobTalk, e questa interessante discussione, mi è balzato agli occhi questo articolo di Adam Hartung su Forbes.
Il titolo già dice molto: “Fire the status quo police”.
Il contenuto è riassumibile in alcune frasi utilizzate dallo stesso autore:
La polizia dello status quo istituzionalizza le metriche iniziali. Insiste sul fatto che le innovazioni portino un margine appropriato, ordinativi congrui, prezzi adeguati, oppure vengano abbandonate, senza curarsi dei mercati che stanno cambiando e presentano un potenziale di crescita nel futuro. […]
Queste norme distruttive non potrebbero essere sostenute se non ci fossero persone votate a rinforzare una rigida adesione alle norme stesse. Questi sono i Poliziotti dello Status Quo. Il loro lavoro, prima di tutto e innanzitutto, è assicurarsi che il modo consueto di fare le cose non venga alterato. Non è focalizzarsi su risultati positivi per il business. Al contrario, è assicurarsi che l’organizzazione rimanga sul provato e sul vero, senza riferimenti ai risultati. La polizia semplicemente assume che i risultati saranno buoni se lo status quo continua.
Nulla di particolarmente nuovo.
Leggendo l’articolo e gli esempi (anche questi abbastanza classici) di aziende innovative, però, mi sono chiesto una cosa.
Non è che siamo vittime di una certa retorica dell’innovazione?
Sembra che innovare sia la panacea di tutti i mali. E non solo. L’innovazione, naturalmente (e, tra le righe dell’articolo di Hartung questo traspare con una certa chiarezza), non è innovazione incrementale. È quella che Christensen chiamerebbe “Disruptive Innovation”.
E questo, in un certo senso, mi pare valga nel macro (aziende e grandi organizzazioni) come nel micro (gruppi e piccole organizzazioni).
Studiosi come Getz e Robinson si sono dedicati alla creazione di veri e propri sistemi di management delle idee e, quindi, dell’innovazione.
Un teamleader, per quanto innovatore, deve, però, sempre confrontarsi con la quantità di innovazione che il suo team è in grado di sopportare in ogni momento del suo ciclo di vita, pena la perdita della bussola e l’instaurarsi di uno stato di confusione che con la creatività e l’innovazione ha poco da spartire.
Innovazione sì, dunque, ma a patto che si creino le pre-condizioni che consentano di gestire l’innovazione.
Oppure no?
Ciao Luca,
Riguardo l’argomento innovazione, la mia esperienza dice che questa si crea con l’esperienza e la maestria in un determinato lavoro. Più tempo si passa a fare una determinata cosa, più la si conosce nei minimi dettagli, e più soluzioni innovative possono nascere.
Per farla però, la persona deve avere la passione e libertà di sperimentare. La passione è necessaria in quanto senza di essa il lavoro diventa “solo un altro lavoro”… Se non c’è la libertà di sperimentare, anche se uno ha passione, sei costretto a seguire lo status quo imposto, e non puoi innovare niente…
Grazie Dragan per il commento.
In effetti, passione e libertà possono essere due delle pre-condizioni per creare un clima favorevole all’innovazione, ma che sappia anche tenere in conto i propri limiti nell’implementazione.