Multitasking sì, multitasking no

Su Mente e Cervello, Alberto Oliverio dedica la sua rubrica “Storie della mente” al multitasking (inteso come la possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente), discriminando le situazioni in cui il multitasking è opportuno, e, anzi, vantaggioso, da quelle in cui può potenzialmente generare problemi.

Ecco la tesi di Oliverio:

La risposta è nelle capacità della corteccia cerebrale, in particolare quella frontale, che gestisce la nostra attenzione e la capacità di selezionare gli stimoli adatti e associare tra loro immagini e concetti rilevanti in una situazione.

Senza l’intervento della corteccia frontale non potremmo concentrarci su uno stimolo importante ed escludere quelli che, in quel momento, sono irrilevanti. […] l’attenzione selettiva è dovuta al fatto che la corteccia frontale taglia fuori gli stimoli irrilevanti in quel momento, dai canali sensoriali a un pensiero che ci assillava, polarizzandoci su ciò che ci interessa.

Quindi ricordiamoci che l’attenzione a un compito, per esempio prestare attenzione alla guida, decresce in modo notevole se prestiamo attenzione a una conversazione telefonica, anche se abbiamo l’auricolare, nonostante il primo compito sia prevalentemente visivo e il secondo uditivo: entrambi, però, competono per livelli di attenzione e strategie cognitive, uno dei tanti esempi a sfavore del multitasking. Gli studi di psicologia del lavoro indicano infatti che l’esecuzione di più compiti comporta un calo di attenzione e accuratezza.

Se ne evince, quindi, che il multitasking comporta problemi di attenzione e di accuratezza nel caso i compiti facciano capo a funzioni simili, mentre (e Oliverio riporta l’esempio del pedalare sulla cyclette e leggere un libro) in caso contrario, svolgere più compiti nello stesso momento può rappresentare un vantaggio.

6 commenti
  1. stefano gatti dice:

    Interessante questo post. A questo aggiungo che spesso sul lavoro il multitasking è efficace ma non efficiente in termini di risorse (personali). Spesso ci impieghiamo di più parallelizzando rispetto alla serializzazione di attività. Però a volte serializzare provocherebbe un ritardo inaccettabile alla seconda attività.
    Come molte volte succede a volte meglio essere efficaci di efficienti … in una società sempre più “good enough”

  2. Anonimo dice:

    Interessante il concetto di efficienza / efficacia in ottica di multitasking.
    Penso meriti una riflessione.

  3. Luigi Mengato dice:

    Io ho una mia personale (quindi opinabile) interpretazione: più un’attività è nuova più richiede attenzione e massima concentrazione (no multitasking). Più un’attività è conosciuta, per così dire “allenata” perchè ripetuta centinaia e centinaia di volte, più può essere svolta in multitasking (ok multitasking).
    Nel primo caso lavora il conscio, la concentrazione, la mente razionale.
    Nel secondo caso lavoro l’inconscio, la mente irrazionale.

    Attenzione ad un pericolo: se svolgo un’attività in modo inconscio non posso pretendere di farla in modo diverso dalla volta precedente, e non posso pretendere di accorgermi se in questa occasione era meglio svolgerla in modo diverso. In poche parole svolgere attività in modo inconscio preclude la strada del miglioramento.

  4. Anonimo dice:

    Sono totalmente d’accordo, Luigi, tanto che questa distinzione tra competenze consapevole e inconsapevoli è uno degli argomenti che discuto spesso in aula. D’accordissimo anche con il processo di apprendimento che hai illustrato. In questo senso credo anch’io che le competenze inconsapevoli non siano “concorrenti” di quelle consapevoli nell’assegnazione di risorse cognitive.
    Grazie per il bel commento!

  5. Rosario Carnovale dice:

    Ciao,

    grazie per il post e per i commenti. Consiglio il capitolo di “Be excellent at anything” di Tony Schwartz proprio sul multitasking dove fa riferimento a parecchi studi sull’argomento. Fondamentalmente spiega che il nostro cervello non è affatto multitasking, vedi anche l’esempio delgi incidenti stradali causa utilizzo del cellulare… Guidare e telefonare due cose al quale il nostro cervello è abituato ma nonostante tutto fa moltissime vittime

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