Rigore e Rilevanza

Un bell’editoriale di Gianmario Verona sul n. 5/2010 di Economia e Management, pone un problema che si collega, in qualche modo, a quanto andiamo discutendo sul blog in questi giorni.
La questione si può riassumere così: esiste un trade-off, negli studi di management, tra la rilevanza per la pratica imprenditoriale e manageriale e il rigore scientifico della ricerca?
Verona sottolinea come, dopo decenni in cui la rilevanza è sembrata essere il filo conduttore delle pubblicazioni di management, da qualche anno a questa parte il tema del rigore scientifico sembra aver sollevato la testa, con l’esigenza di produrre conoscenza stabile nel tempo e dimostrabile.

In molte business school si vive, insomma, questa sorta di trade-off tra rilevanza per la pratica (che è parte della mission di una scuola che annovera tra i suoi allievi manager e imprenditori) e rigore scientifico (principio da seguire per acquisire autorevolezza e affidabilità).

Ora, la domanda è: si tratta davvero di un trade off?
Oppure le due dimensioni potrebbero essere ortogonali?

In realtà, secondo Verona, una “terza via” esiste, e può assumere forme diverse.

La prima forma: che la disciplina del management si affranchi definitivamente dalle discipline a cui finora ha fatto riferimento e che ha cercato di “imitare” (economia, sociologia e psicologia in primis) e cerchi una propria via originale di espressione.

La seconda forma è quella di definire quello tra rigore e rilevanza non come un trade-off, ma come una matrice, che genera così tre opzioni perseguibili, secondo il modello proposto da Tushman e O’Reilly nel 2007:

Il mandato delle business school, in questo senso, potrebbe proprio essere quello di cercare e trovare forme di ricerca che siano premianti su entrambe le dimensioni.

La terza forma, proposta dallo stesso Verona (che prende a modello alcuni studiosi come Eric von Hippel, Mike Tushman, Rebecca Henderson e Clayton Christensen), è quella di una ricerca di trade-on (e non trade-off) tra le due dimensioni che si muova, per usare le parole dell’autore,

a partire da un’attenta analisi di casi qualitativi: singole evidenze, cioè, che ci illuminino con intuizioni originali e non banali; utili per la pratica, ma che non trovano ancora risposte da un punto di vista scientifico. A partire da queste intuizioni e questi casi, i ricercatori di cui sopra si caratterizzano per la voglia e la determinazione di dimostrare in un secondo momento le relazioni ipotizzate: e la dimostrazione non può che avvenire su larga scala, con campioni di imprese possibilmente non solo cross-sectional, ma longitudinali, e che permettano di sviluppare modelli econometrici sufficientemente robusti con le dovute variabili di controllo.

Tema davvero interessante (e ben posto).

Merita un pensiero (sempre ammesso che si tratti di un pensiero di una qualche rilevanza…).

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