Il capolavoro di Antoni Gaudí
Ho visitato la Sagrada Familia a Barcellona. Mi ha colpito, molto.
Ho avuto la fortuna di arrivarci in una giornata limpida, al tramonto. La luce filtrata dalle vetrate policrome creava dei riflessi che mi hanno emozionato. M’intendo poco di arte, e di architettura in particolare.
Tre cose, però, mi sono rimaste in mente.
La prima: Antoni Gaudì ha lavorato con dedizione ad un’opera che sapeva di non poter portare a termine.
Aveva concepito la Sagrada Familia come un progetto che doveva impegnare generazioni (come una cattedrale medioevale). È stato capace di un progetto e di una visione che trascendesse la sua persona e il suo essere architetto. È una vera e propria opera di devozione.
Mi domando se siamo ancora capaci di progetti di questo respiro.
Ne abbiamo parlato, in un senso laico, qui.
La seconda: la Sagrada Familia è stata costruita “per approssimazioni successive”, modificando i progetti e definendo le forme man mano che la chiesa assumeva consistenza e realtà.
Mi domando se sarei in grado di iniziare un progetto di questa portata senza il bisogno di essere rassicurato da un piano dettagliato, accogliendo l’incertezza di un’opera (scusate la definizione poco congrua) “always in beta”.
La terza: Gaudì si è dedicato, nei quarant’anni trascorsi a progettare e costruire la Sagrada Familia (gli ultimi 15 anni con un impegno praticamente esclusivo) sia alla visione (la maggior parte degli sviluppi successivi alla sua morte improvvisa sono basati su scritti che illustravano l’atmosfera e i significati da trasmettere a ciascun elemento più che su veri e propri progetti e disegni), sia alla cura quasi maniacale dei dettagli costruttivi e iconografici.
Per dirla anche qui in maniera impropria, alternando la cura delle dimensioni micro con il presidio del macro.
Mi domando quanto sono capace di alternare in maniera efficace queste due tipologie di pensiero.
Si tratta di riflessioni a caldo, che mi va di condividere così, al grezzo.
Attendo contributi, idee, ispirazioni.
Update: Ho condiviso alcune di queste riflessioni anche con i lettori del blog di Harvard Business Review, in questo post.
Di fronte a queste Visioni che hanno come risultato la realizzazione di capolaxori come la Sagrada Familia provo sempre una sconfinata ammirazione e l’orgoglio di far parte della famiglia degli esseri umani (che nel caso di geni come Gaudì raggiunge forse la sua massima espressione…)
Ma ognuno di noi nel suo campo è artefice di un progetto che va avanti per un tempo indefinito procedendo per approssimazioni, modificando , e definendo di volta in volta i particolari… con una visione che può essere ora rivolta al quotidiano ora ad uno sguardo verso il futuro ipotizzabile…
E questo vale per chi come Gaudì era capace di visioni di portata universale . per il manager fino al giovane studente e perchè no anche alla casalinga…
ognuno di noi passa la sua vita, quindi un tempo indefinibile, a progettare il suo capolavoro ..credo che quello che distingue quelli come Gaudì sia la consapevolezza….
ricordo il mio incontro con questa opera-luogo, la stessa sensazione di contatto col sacro (da laica sacro come ciò che ci trascende) che ho ogni volta che entro in una cattedrale (Chartres, Burgos, Leon …). Credo che Luca abbia indovinato le domande cruciali: sappiamo noi oggi superare la nostra limitatezza e proiettarci oltre immaginando credendo dedicandoci a qualcosa che sarà altro da noi, rovesciando l’idea che l’opera sia in funzione della nostra creatività, bravura, genialità, che ci appartenga, per essere noi al servizio dell’opera?
Bei commenti e bel post.
Finalmente si sentono e si scrivono “cose” alte!
Ho tre libri di Gaudì…letti, straletti e staguardati .
E forse un giorno potrò vedere dal vivo e provare dal vivo.
Sono appena rientrata da Barcellona e ho visitato al Sagrada Familia. Avevo già visitato le 2 case di Gaudì in un precedente viaggio e ne ero rimasta molto colpita, per la creatività e la genialità delle innovazioni! Ma è interessante quello che dice Luca sul fatto che il progetto rimanda ad una concezione di Chiesa medievale, dove l’opera è talmente immensa che durerà generazioni e generazioni (vedi “I pilastri della Terra” di Ken Follet)
Sicuramente noi viviamo in un momento in cui abbiamo bisogno di vedere tutto subito. Internet, skype e tutti gli strumenti tecnologici di oggi vanno verso l’immediatezza. Purtroppo questa immediatezza ha brutte ripercussioni non solo a livello sociale, ma anche a livello economico (le strategie aziendali diventano sempre più a breve termine, si lavora sull’urgenza) e politico (si fa nei primi anni in cui si è eletti e poi si promette negli ultimi anni per essere rieletti…ma non si pianifica, non si guarda oltre il mandato…). Questo sta indebolendo molti paesi europei, l’Italia, la Spagna e anche la Francia (dove abito attualmente). Paesi con maggiore lungimiranza (Scandinavia e Germania) stanno uscendo rapidamente dalla crisi e stanno rilanciando l’economia.
Luca parla di “opera di devozione”, devozione all’arte, alla fede, alla città…Forse abbiamo perso questi valori più grandi…forse i valori di oggi sono più materiali…
Scusate forse ho divagato dal tema centrale, ma la mia mente è partita da sola.
Grazie a tutti per i commenti.
Ne stanno nascendo riflessioni di cui vi darò conto…
Anno 2001, 5 giorni a Barcellona in occasione del Moto Gp ultimo anno della classe 500. Posizione privilegiata con pass per i Box e la pit lane.
Il ricordo più bello la Sagrada Famiglia! Andavo a vederla la mattina prima di recarmi al circuito e la sera prima di tornare in albergo. Tutti i giorni per 5 giorni. Non sono capace di esprimere le emozioni che ho provato come hai fatto tu Luca, non ho avuto i tuoi stessi pensieri che però leggendo condivido in pieno, però quella cattedrale quando ci sei dentro ti fa provare emozioni uniche…
Ciao Luca, sai cosa ho sempre pensato io su Gaudì?
Che è stato un uomo fortunato!
Sicuramente bravissimo, illuminato e tenace, ma ti rendi conto della fortuna? ha trovato chi credeva in lui che gli ha permesso di esprimere il suo talento senza costrizioni, lasciandolo esprimere pienamente.
Beh, forse sono stati fortunati entrambi, si sono trovati…..
O forse la fortuna c’entra poco e parliamo di coraggio?
….
Grazie per questo post! Ammiro Gaudì, anch’io sono stato a Barcellona e sono rimasto affascinato da questo “artista” e dai suoi capolavori! Non so come esprimere la mia ammirazione per questi concetti. Mi piacciono, vorrei essere capace di emularli, di farli miei ed utilizzarli tutti i giorni nella mia piccolissima attività. Soprattutto condividerli con i miei collaboratori e clienti. A pensarci bene a volte li intravedo e mi sorprendono. Io mi occupo di tecnologia, in particolare di software, niente di paragonabile al tema in oggetto, ma spesso (troppo spesso direi) nello sviluppo del software (anche nei piccoli progetti come i nostri) questi aspetti sono presenti. Nel mio lavoro (sono amministratore di una microimpresa) mi ispiro al lean e vorrei trasmettere a tutti questi modi di fare. Anche in quello che è il mio passato da tecnico, quando sono coinvolto nei progetti software, adotto metodologie agili che hanno intriso gli elementi che così bene descrivi.
Ma la realtà spesso non permette di adottarli. E mi infastidisce di dover assecondare questo modo di fare. Così come mi infastidisce quando vedo le costruzioni di oggi, le opere tutte uguali, scatole quadrate senza anima, nessuna possa neanche avvicinarsi ad abbracciare questi concetti. E’ veramente così, oggi non si possono più concepire opere come la Sagrada Familia? Non è più possibile pensare in grande ed agire in piccolo?
Grazie per le quattro lezioni che porterò sempre con me.
Grazie a te, Paolo, per questo bel commento