Fortini assediati e costruzione dell’identità
In questi giorni si stanno incrociando alcune riflessioni a partire dalle considerazioni fatte sulla Festa Nazionale del 17 marzo, da questo post di Gianluca Briguglia e da alcune conversazioni con persone che stimo molto per la loro profondità di pensiero e di impegno.
Parto dalla domanda che ho lasciato nei commenti al post citato poco fa: vale la pena rinunciare a “spaccare il capello in quattro”, e, quindi, magari, anche a una quota di verità per creare momenti di celebrazione identitari?
Le risposte (a partire da quella della Meloni che ha dato origine al post, fino a quelle degli avventori del blog) mi pare propendano per il sì.
Mi chiedo, allora, quali siano le precondizioni per poter realizzare un’operazione (comunicativa) di questo tipo.
La prima premessa è quella di poter sfuggire, almeno in occasioni come queste, alla logica dell’amico-nemico tra le fazioni interne alla stessa identità.
Qualsiasi comunicazione a livello identitario, infatti, si fonda per buona parte su miti (spesso miti fondativi), metafore e simboli.
Ora, il disconoscimento del mito, della metafora o del simbolo smonta le basi stesse su cui si fonda la comunicazione identitaria.
Vale a dire che senza un terreno di non belligeranza concordato, non c’è spazio per celebrazioni di questo tipo.
Certo, c’è un modo semplice e veloce, all’interno di un gruppo come di una nazione, per disinnescare la dinamica amico-nemico all’interno: trovare un nemico esterno comune.
Costruire, quindi, un set da “fortino assediato”.
Allora, ogni distinzione (magari anche rilevante) diventa questione di lana caprina di fronte alle necessità della difesa del gruppo. E chi si permette queste distinzioni viene facilmente additato come alleato del nemico comune.
La rappresentazione del fortino assediato, però, non è che una tattica di breve periodo per creare consenso e identità, anche perché richiede una continua escalation nella rappresentazione parossistica del nemico come male assoluto. Altrimenti, prima o poi, a qualcuno viene la tentazione di mettere il naso fuori dal fortino per capire se questo nemico è poi così terribile.
Dato questo ragionamento minimo, però, giovedì ci converrebbe andarcene a lavorare.
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