La fanteria che fa vincere la guerra

Chiunque abbia avuto occasione di frequentare o di insegnare in un MBA (o in qualunque programma formativo lungo, che prevede l’intervento di un gran numero di docenti diversi) conosce l’importanza della figura del programme manager.

Financial Times dedica loro un articolo, presentando un programma formativo dedicato proprio ai programme manager, e illustrando le criticità che il ruolo implica.

Se ne deducono alcuni concetti interessanti, che possono trovare applicazione per tutte le figure di coordinamento, anche in ambiti diversi da quello formativo.

Elenco alcuni di questi concetti:

  • in qualsiasi programma formativo, un professore che non fa bene il suo lavoro crea un problema, ma c’è rimedio. Quando un programme manager non fa bene il proprio lavoro, il danno è irreparabile.
  • i programme manager sono responsabili di ogni cosa, dalla più minuta alla più importante, sono la chiave perché in un qualsiasi programma formativo tutto vada liscio. Il che significa che il loro ruolo è visibile quasi soltanto quando qualcosa non funziona.
    Il paradosso sta, quindi, nel fatto che meglio svolgono il loro ruolo, e meno sono visibili.
  • i programme manager hanno a che fare con tutti gli stakeholder: gli studenti, la faculty e tutti i diversi dipartimenti dell’organizzazione.
    E devono il più delle volte confrontarsi con ciascuno da una posizione debole nella mappa del potere.
  • Nel loro lavoro l’aspetto più importante ha spesso a che vedere con il creare un’atmosfera positiva, di fiducia e confidenziale. Il punto critico è la capacità di assemblare un team, che spesso è il fattore critico di successo di un programma di questo tipo.

E la conclusione, implicita nel titolo dell’articolo: più spesso di quanto si pensi le guerre si vincono con la fanteria.

Una nota finale: nella mia esperienza (specialmente al MIP) ho avuto modo di ammirare ottimi programme manager al lavoro. Donne, per lo più.
Non credo sia un caso.

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