La formula della procrastinazione [2]

Ritorno sulla formula della procrastinazione, redatta da Pierce Steel, di cui ho già parlato qui.
Lo faccio perché, in questi giorni, ho letto il libro di Steel “Da domani non rimando più“, e l’ho trovato una fra le letture più interessanti (forse la più interessante) che mi sia capitata fra le mani su questo tema.
Steel prende le mosse dalla Temporal Motivation Theory, che spiega la procrastinazione come l’effetto di un differenziale di motivazione: finché la motivazione che ci porta verso una tentazione è maggiore della motivazione che ci porta verso l’esecuzione di un compito, il compito viene rimandato. La motivazione aumenta, però, con l’avvicinarsi della scadenza (e, quindi, della riscossione del premio o del momento di subire la punizione). La motivazione verso la tentazione, invece, tende ad essere costante e, quindi, il compito viene eseguito nel momento in cui la motivazione a produrre supera la motivazione a distrarsi.

Il tutto viene schematizzato da Steel più o meno così:

Il compito, in questo modo, viene, sotto determinate condizioni, eseguito spesso troppo vicino alla scadenza.

La formula della procrastinazione descrive la curva della motivazione come proporzionale alle aspettative moltiplicate per il valore (formula del valore atteso), ed inversamente proporzionale, invece, al prodotto di impulsività per ritardo.

Per impulsività si intende la difficoltà ad autocontrollarsi e a posporre una gratificazione: è l’incapacità di sopportare una sofferenza immediata in vista di una ricompensa nel futuro.
Il Ritardo misura proprio la distanza temporale tra il sacrificio e il godimento della ricompensa.

Il crescere di uno di questi due fattori impatta negativamente sulla motivazione.

La formula, in questo senso, è utile, perché prospetta quattro possibili fronti d’azione (in realtà sono tre, visto che sul ritardo è piuttosto difficile agire direttamente) contro la procrastinazione, ma, più in generale, per aumentare la motivazione.

Steel, nel suo libro, suggerisce alcune azioni.
La cosa che mi pare più interessante è il fatto che questa formula, letta in questo modo, porta ad aprire riflessioni sia sull’efficacia personale che sul tema della motivazione in ottica di team management.

Per chi, poi, volesse misurare e profilare la propria tendenza a procrastinare, sul sito di Steel, un test (in inglese) consente di soddisfare anche questa curiosità.

Che cosa ne pensate?

6 commenti
  1. Massimo Braghini dice:

    Ciao Luca,
    l’argomento é molto interessante e stimolante.
    Tuttavia, dopo aver riflettuto sul tema ed aver fatto un po’ di autoanalisi, mi sono soffermato a riflettere sulle semplificazioni insite nel modello proposto.
    La SEMPLIFICAZIONE più rilevante mi é sembrata la necessità di collocare l’ “attore” di fronte ad un unica scadenza/obiettivo.
    Questa esigenza (normale in un modello di studio) idealizza una relazione persona-obiettivo quasi statica, mentre nella realtà le persone sono collocate di fronte ad una pluralità di obiettivi/scadenze in successione.
    Ritengo che la relazione persona-scadenze sia molto più dinamica e non trovi una efficace rappresentazione nel modello di steel.
    Che curve si potrebbero ipotizzare se sostituissimo la “tentazione” con una “scadenza alternativa concorrenziale”?

    (scusate la lunghezza del post)

  2. Luca Baiguini dice:

    In effetti, molto spesso la tentazione è rappresentata da un’altra attività più motivante.
    Se il fatto che sia più motivante dipende da un migliore valore atteso, siamo nell’ambito della scelta razionale. Molto spesso, però, dipende dal fatto che la ricompensa è più vicina, e questo, quindi, stimola l’impulsività. In questo caso, per esempio, si scelgono attività immediatamente appaganti (un compito breve, per cui avrò un feedback immediato) rispetto ad attività a maggiore utilità, ma con tempi più lunghi.
    Grazie Massimo per lo stimolo.

  3. Angelo dice:

    Ho fatto una riflessione su questa teoria e mi sono soffermato in particolare su la punizione o il premio per l’esecuzione del compito. Questi ultimi dovrebbero essere costanti ma spesso, invece, sono variabili in quanto cambiano durante il processo decisionale. Ad un certo momento il premio o la punizione possono subire cambiamenti e quindi indurmi a ritardare o ad anticipare l’esecuzione

  4. Luca Baiguini dice:

    Grazie Angelo per il commento.
    Quello che sottolinei è un problema rilevante. Spesso viene risolto con stratagemmi relativi alla “socializzazione” (condivisione con altri) del premio stesso, in modo da rendere difficile la modifica.

  5. Rosario Carnovale dice:

    Aggiungerei il “peso” emotivo che hanno certi compiti anzichè altri… spesso il compito che dobbiamo affrontare è, sulla carta, motivante; esempio: preparare un importante meeting che produce visibilità per te e per il tuo team, è, in teoria, motivante. Spesso però il peso emotivo che ha quell’evento, in quel momento, è superiore alla motivazione e al piacere a fare bene. Troppo spesso viene in soccorso l’urgenza… Ovvero “lo devo fare” al posto di “lo voglio fare” che piano piano logora il piacere (motivazione) a svolgere certi compiti. Riassumendo, il problema della gestione del tempo è un problema motivazionale forte e complesso, che troppo spesso risolviamo con palliativi, sorvolando sulla radice del problema.

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