Malik-pensiero

In questi giorni ho letto il libro di Fredmund MalikIdee chiare per dirigere meglio“. Non mi è parso granché (e certamente non il meglio di questo autore).

Malik se la prende con le “mode manageriali” e con le parole chiave che le incarnano, sostenendo che

Gli errori e gli eccessi economici del recente passato vanno ascritti principalmente alla confusione regnante nell’ambito del linguaggio e del pensiero… Un linguaggio chiaro è lo strumento di un pensiero chiaro.

E fin qui, nulla da eccepire.

Il fatto è che Malik prende le mosse da questa affermazione per “smontare” le parole chiave attribuendo loro un significato parziale e ipersemplificato e dimostrando come l’applicazione di questo significato abbia portato soltanto danni.

Sono d’accordo, per carità, con il fatto che nelle teorie (e nelle pratiche) di management, un sano ritorno ad alcuni basics non possa che essere salutare. A patto che questo basics, poi, non diventino essi stessi dei totem ai quali sacrificare ogni visione della complessità.

Leggendo il libro ho notato, infatti, che maggiori sono le mie conoscenze riguardo alla parola chiave o al concetto che viene messo sulla graticola da Malik, più evidente (e irritante) ho trovato il suo modo di procedere e di argomentare (chiaro segnale che le semplificazioni proposte sono eccessive e non sufficientemente argomentate).

Detto questo, un passaggio interessante, nel libro, l’ho trovato.
Si parla di stock option e, più in generale, di incentivazione del top management.
Malik cita Peter Drucker: “There are no good executive compensation plans. There are only bad and worse“.
Poi:

Non esiste un sistema che funzioni su base aritmetico-organizzativa per determinare le retribuzioni spettanti a chi svolge compiti complessi ai vertici di un’organizzazione. Un sistema simile non riuscirebbe a seguire il rapdo mutamento delle condizioni in cui dovrebbe operare. […]

Non v’è sistema che possa considerare in modo automatico e matematico le dimensioni elementari della direzione aziendale, quella operativa e quella strategica, quella a breve termine e quella a lungo termine, l’oggi e il domani.

Che alternativa abbiamo? Unicamente la decisione autonoma degli organi preposti alla vigilanza, in grado di valutare liberamente tutte le circostanze.

Il che implica, se non capisco male, che si dovrebbe passare da un accordo ex ante, in cui ad un determinato indicatore (o set di indicatori) si lega un compenso, ad una valutazione ex post, nella quale sia possibile, per gli organi di vigilanza, tenere conto non soltanto dei risultati, ma del modo nel quale sono stati raggiunti e delle complesse conseguenze che tutto questo porta con sé.

Concetto interessante, che merita una riflessione.

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