I marziani e la piazza

[Post retorico e anche un po’ presuntuoso]

Una premessa: sono anch’io convinto (non ci vuole molto) che la politica non sia capace di parlare il linguaggio della gente.
L’effetto che mi hanno fatto le ultime apparizioni di Rosy Bindi nei talk show della scorsa settimana è che ho cominciato a credere ai marziani.
Il diverso livello logico e di pensiero tra i problemi che venivano posti e le risposte che venivano date era talmente evidente da essere irritante.
Detto questo, mi faccio due domande.

La prima, a cui non so che cosa rispondere è: ma la politica è mai stata, davvero, capace di parlare il linguaggio della gente?
E quand’anche lo avesse fatto, quali sono stati gli effetti?
E siamo poi così sicuri che lo debba fare?
(Lo so, sono tre, le domande. Ma collegate).

La seconda (e su questo qualche idea me la sono fatta): siamo sicuri che non è altrettanto vero anche il contrario?
Che, cioè (e qui potrebbe stare la vera novità), la gente non è più capace di parlare il linguaggio della politica?
Quando, per dirne alcune, qualsiasi ipotesi di accordo diventa inciucio, compromesso diventa una parola impronunciabile, le due sole alternative che raccolgono un qualche consenso oscillano tra cesarismo e democrazia diretta (molto sui generis, l’uno e l’altra, peraltro), mi domando se non sia lo spazio della politica ad essere come minimo molto ridotto, e magari pure un poco guastato.
Non so ben dire che cosa caratterizzi in sé un’istanza politica.
Quello che mi pare di capire, però, è che le istanze (quasi tutte sacrosante, peraltro) che arrivavano da alcune piazze avevano molto poco di politico e di traducibile in soluzioni politiche.

Pensavo a questo, durante il weekend.

Poi mi è capitato di leggere una citazione di Georges Friedman:

Numerosi sono quelli che si immergono interamente nella politica militante, nella preparazione della rivoluzione sociale. Rari, rarissimi quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne vogliono rendere degni.

E mi sono chiesto se non stia per caso in questo, la differenza.

[Retorico e presuntuoso, vi avevo avvertiti]. 

 

 

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