La costruzione del nemico

In questi giorni mi è capitato sotto gli occhi un articolo non recentissimo di Hannes Grassegger per Das Magazin, ripreso e tradotto da Internazionale.
Racconta di come Arthur J. Finkelstein e George Birnbaum abbiano progettato, da consulenti elettorali del presidente ungherese Viktor Orbán, una delle più impressionanti e riuscite operazioni di “creazione di un nemico” che sia dato ricordare.
Mi ha riportato alla memoria quanto scrivevo qualche tempo fa sulle modalità di costruzione del consenso, ed in particolare sulla logica amico-nemico.
Il nemico, in questo caso, è George Soros.
E l’operazione è stata talmente ben congegnata da farne non soltanto l’argomento per la costruzione del consenso attorno a Orbán, ma un vero e proprio simbolo (ed una facile risorsa di consenso) per tutte le destre del mondo da allora in avanti. A prescindere da qualsiasi verità a proposito della vita di colui che, da allora, è diventato semplicemente l’emblema di un complotto mondiale contro popoli e nazioni.

Mi sembra che l’articolo confermi quanto ho scritto sui vantaggi di questa logica di costruzione del consenso:

  • velocità nella creazione e facilità nella comunicazione;
  • forza nel reprimere il dissenso;
  • focus sui comportamenti del nemico più che sui propri e, quindi, non necessità di proporre un vero progetto di sviluppo per il futuro.

La logica amico/nemico si riassume nella formula negative campaigning: focalizzare l’agenda elettorale sugli attacchi al proprio nemico piuttosto che sulla proclamazione dei propri valori e della propria visione del futuro, con un duplice obiettivo: compattare gli elettori della propria parte e dividere quelli della parte avversa.

Si aggiunge, però, un elemento che merita di essere evidenziato. Lo riprendo citando due spezzoni dell’articolo:

Finkelstein aveva trovato in lui [Soros, nota mia] l’avversario ideale. Un Mister Liberal come l’aveva sempre sognato, l’incarnazione di tutte le contraddizioni che i conservatori odiano in quegli esponenti della sinistra che hanno successo economico: uno speculatore finanziario che allo stesso tempo chiede un capitalismo più umano. E la cosa più bella è che l’obiettivo della campagna elettorale non era un esponente politico e neanche una persona che viveva nel paese. “L’avversario perfetto è quello che puoi colpire continuamente senza che lui possa colpirti mai”, sottolinea Birnbaum.

Il grassetto, mio, sottolinea un aspetto interessante: individuare un “nemico” esterno al sistema, non in grado di opporre reazioni dirette. Qualsiasi reazione di Soros alla campagna, infatti, veniva regolarmente, come si descrive nell’articolo, utilizzata ad uso della narrazione del nemico.

A conferma di questo:

L’ultimo passo del metodo era tendere una trappola all’avversario: Finkelstein metteva in giro una notizia falsa, contando sul fatto che l’avversario si sarebbe incastrato da solo cercando di smentirla. Infatti reagendo all’accusa l’avrebbe inevitabilmente legata al suo nome, mentre ignorandola non avrebbe avuto modo di confutarla. Nel migliore dei casi poi la falsa notizia sarebbe stata di per sé così strana o sconvolgente da essere ripresa dai mezzi d’informazione.

Qualunque tipo di risposta a questo attacco viene re-incorniciata, appunto, a vantaggio dell’attaccante.

Detto tutto questo, la cosa che fa più impressione sono le ultime righe dell’articolo:

Finkelstein è morto nell’agosto del 2017. L’Ungheria è stata il suo ultimo progetto. Nel 2011, in uno dei suoi ultimi discorsi pubblici, aveva detto: “Volevo cambiare il mondo. L’ho fatto. L’ho reso peggiore”.

 

Post Scriptum
Riporto anche, dalla parte iniziale dell’articolo, una descrizione del profilo di George Soros

Fino a qualche anno fa Soros era un miliardario la cui critica al capitalismo era tenuta in considerazione perfino al Forum economico mondiale di Davos. Un finanziere che una volta faceva parte delle trenta persone più ricche del mondo, ma che poi ha devoluto buona parte dei suoi miliardi alla Open society foundations, una rete di fondazioni, al terzo posto nella classifica mondiale delle organizzazioni a scopo benefico, subito dopo quella di Bill e Melinda Gates. Ma mentre Bill Gates, il fondatore della Microsoft, cerca di alleviare le sofferenze del mondo, per esempio estirpando la malaria, Soros cerca di migliorarlo con iniziative a sostegno dei migranti. Vuole realizzare l’ideale che il suo filosofo preferito, Karl Popper, contrapponeva al totalitarismo: una società aperta.

4 commenti
  1. Marcello dice:

    Ciao caro Luca e grazie per il post. Io spero di non sbagliare a dare il mio contributo “operistico” forse non tutti conoscono l’ aria del “barbiere di Siviglia” di Rossini, “la calunnia”. Ecco il testo, è inutile dire che la musica (il famoso “crescendo rossiniano” segue l’evolversi del testo:

    La calunnia è un venticello,
    Un’auretta assai gentile
    Che insensibile, sottile,
    Leggermente, dolcemente
    Incomincia a sussurrar.
    Piano piano, terra terra,
    Sottovoce, sibilando,
    Va scorrendo, va ronzando;
    Nelle orecchie della gente
    S’introduce destramente
    E le teste ed i cervelli
    Fa stordire e fa gonfiar.
    Dalla bocca fuori uscendo
    Lo schiamazzo va crescendo
    Prende forza a poco a poco,
    Vola già di loco in loco;
    Sembra il tuono, la tempesta
    Che nel sen della foresta
    Va fischiando, brontolando
    E ti fa d’orror gelar.
    Alla fin trabocca e scoppia,
    Si propaga, si raddoppia
    E produce un’esplosione
    Come un colpo di cannone,
    Un tremuoto, un temporale,
    Un tumulto generale,
    Che fa l’aria rimbombar.
    E il meschino calunniato,
    Avvilito, calpestato,
    Sotto il pubblico flagello
    Per gran sorte ha crepar.

    Buon tutto caro Luca

  2. giulia cerrone dice:

    leggo solo ora il tuo interessante appunto. Mi permette di vedere la tattica usata con estrema precisione. Lo trovo un appunto utilissimo e come sempre te ne sono grata

  3. Luca Baiguini dice:

    Caro Marcello, grazie, perché trovi sempre il modo di arricchire la discussione (e non solo in questa sede “virtuale”).
    In effetti, un po’ come nel testo che hai citato, man mano le “narrazioni” passano di bocca in bocca, la verifica sulla veridicità della maldicenza (o delle argomentazioni contro il nemico) lascia il posto alla soluzione (semplice e consolatoria) dell’aver trovato qualcuno da incolpare per i propri problemi.

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