Per un approccio politologico allo studio delle organizzazioni
Da quando è stato pubblicato Fate pace con il potere mi sono trovato spesso a discutere (l’ultima volta poche ore fa) del tipo di contributo che un approccio politologico può dare allo studio delle organizzazioni.
Cerco di sintetizzare alcuni aspetti, con il proposito di tornare sul tema nei prossimi post.
Innanzitutto, la scienza della politica mette al centro dei suoi studi il concetto di potere, la sua misurazione, la sua conquista, la sua gestione, trattando il tema in modo laico e non ideologico.
Su questo pilastro, in effetti, si fonda tutta l’analisi che ho condotto nel libro: il potere nelle organizzazioni esiste e va, quindi, studiato con un apparato tassonomico e metodologico adeguato.
In questo senso, la politologia può contribuire a fornire:
- un vocabolario: parole come potere, autorità, leadership, consenso vengono utilizzate con una certa approssimazione, senza un significato condiviso e una tassonomia solida. La scienza della politica può dare un apporto decisivo su questo fronte;
- un approccio: proprio perché fa del potere il fulcro del suo studio, la politologia lo tratta come una risorsa scarsa, oggetto di competizione per la sua conquista e di scelte razionali per il suo utilizzo efficiente. Postula, così, una cornice metodologica allo studio del potere come strumento per influenzare i processi decisionali e operativi nelle organizzazioni;
- alcuni termini di confronto: l’analisi dei processi politici può fornire utili ispirazioni all’applicazione degli stessi modelli ai processi organizzativi, in una dinamica di collegamento per similitudine e differenza utile e fertile per riflessioni al di fuori degli schemi consueti delle discipline dell’organizzazione.
Tornerò a breve sui primi due punti.
Per ora, mi limito a un esempio del terzo.
Come argomenta anche Jeffrey Pfeffer in Power, molto spesso la lotta per la conquista delle posizioni di comando nelle organizzazioni è, anche, una lotta di potere: ogni qual volta si pone il problema di ricoprire una posizione di responsabilità, infatti, i criteri (espliciti, ma soprattutto impliciti) di scelta potrebbero fondarsi su:
- elementi legati alla capacità dimostrata dai candidati e ai risultati raggiunti;
- abilità di carattere politico dei candidati, che vengono, in questo caso, misurati sulla loro capacità nel condurre la lotta per il potere.
Definirei, quindi, due tipologie di processi di assegnazione delle posizioni di potere:
- processi pragmatici: quelli basati sulla capacità e la performance;
- processi politici: quelli basati sull’abilità dei candidati a condurre la lotta per il potere.
Ecco il punto di contatto tra lo studio del potere politico, inteso nel senso della conquista del potere di governo, e lo studio del potere nelle organizzazioni.
L’arena politica, infatti, è costitutivamente basata sul fatto che lottare per il potere è conditio sine qua non per attuare i contenuti del proprio programma di governo e che la politica stessa, in questo senso, può essere definita come la lotta per la conquista ed il mantenimento del potere di governo.
Ora, alcuni modelli analitici della scienza della politica postulano che la lotta per il potere può avvenire in tre differenti tipologie di arene: la poliarchia, la politica di corte e la politica burocratica.
In una poliarchia la competizione per il potere ha alcune caratteristiche fondamentali:
- è aperta: vi possono partecipare liberamente gruppi organizzati di cittadini e questi gruppi possono contestare apertamente chi detiene il potere politico;
- è basata sul voto popolare;
- la conquista del potere si basa sul sostegno politico dei soggetti che hanno diritto di voto, intesi come singoli individui o come gruppi organizzati (sindacati, associazioni di categoria, eccetera);
- la competizione è strutturata in un quadro di regole relativamente stabile;
Nel caso della politica di corte, invece:
- la competizione è chiusa: un numero molto limitato di persone ha accesso alle cariche;
- è basata sul favore del sovrano, che, solo, decide le posizioni di vertice;
- la conquista del potere è, quindi, conseguenza dell’ottenimento del sostengo del sovrano;
- la competizione si caratterizza per la sua incertezza ed imprevedibilità: il favore del sovrano può mutare rapidamente ed in ragione di fattori anche imponderabili.
Infine, nel caso della politica burocratica (l’esempio potrebbe essere quello di un partito unico, che detiene il potere e che ha, al suo interno, meccanismi di avanzamento più o meno trasparenti):
- la competizione è chiusa: anche se il numero di persone che vi possono accedere è, normalmente, più elevato che nella politica di corte, si tratta comunque di un numero limitato di soggetti;
- è basata su meccanismi di cooptazione da parte di chi è già parte della burocrazia;
- la conquista delle posizioni di potere si basa sul sostegno dei burocrati dirigenti;
- la competizione si caratterizza per un grado abbastanza elevato di prevedibilità (pur se tra meccanismi spesso lenti e macchinosi) per i livelli più bassi della gerarchia, mentre le dinamiche al vertice sono caratterizzate da incertezza e, spesso, da accurata dissimulazione.
Questa tassonomia delle arene politiche potrebbe essere applicata, con opportuni adattamenti, alle organizzazioni, sulla base della tipologia di governance delle stesse, della loro storia e del loro grado di evoluzione:
- alle arene poliarchiche potrebbero essere paragonate le organizzazioni cooperativistiche o le associazioni, in cui i vertici sono scelti periodicamente dalla base dei soci;
- alle corti corrisponderebbero le aziende padronali, in cui la corte è quella della famiglia proprietaria (ed in cui, paradigmaticamente, spesso il capofamiglia ricopre il ruolo del sovrano);
- alle burocrazie, infine, potremmo paragonare le aziende manageriali (che siano public companies o meno), in cui la struttura, le regole ed i processi tendono ad essere formalizzati e stabili.
Le caratteristiche della lotta per le posizioni di potere viste sopra, quindi, potrebbero trovare applicazione alle diverse tipologie di organizzazioni, secondo regole e modalità specifiche.
Se questo è vero, quindi, l’apparato di modelli, distinzioni e metodi che la scienza politica utilizza per analizzare queste arene potrà fornire un contributo utile alla comprensione delle tipologie di organizzazioni corrispondenti.
Ripeto, si tratta soltanto di un esempio tra i molti che si potrebbero fare.
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